Il tuo voto ad un uomo così

"Amico mio, chissà quante volte tu hai dato il tuo voto, ad un uomo poli­tico così, cioè corrotto, ignorante e stupido, sol perché una volta insedia­to al posto di potere egli ti poteva ga­rantire una raccomandazione, la pro­mozione ad un concorso, l’assunzione di un tuo parente, una licenza edilizia di sgarro.
Così facendo tu e milioni di altri cittadini italiani avete riempito i par­lamenti e le assemblee regionali e co­munali degli uomini peggiori, spiri­tualmente più laidi, più disponibili alla truffa civile, più dannosi alla so­cietà.
Di tutto quello che accade oggi in questa nazione, la prima e maggiore colpa è tua".

Giuseppe Fava detto Pippo (1925 - 1984)

sabato, giugno 26, 2010

Azzurri specchio del Paese

Nel calcio e nello sport c’è chi vince e c’è chi perde: sono due ruoli correlati e reciprocamente indispensabili. Si può perdere, dunque. Il punto è “come” perdi. Nella vita di una collettività ci sono momenti sociali facili e meno facili. Anche qui, molto o tutto dipende da “come” affronti le difficoltà. Si può gridare “Forza Italia” in un campo di calcio oppure metaforicamente nell’opera di ricostruzione di un Paese. Intendo di tutto un Paese. Oggi è diventato un sussurro e un rimpianto: “Debolezza Italia”, per una Nazionale espulsa meritatamente al primo turno con numeri e gioco miserandi da un Mondiale disputato da Campioni del Mondo, in un misto di arroganza e complesso di inferiorità da paura. Ed è stato un tunnel pauroso per i nostri zombies in calzoncini detentori del patriottismo mamelico. Ma è un’Italia debole quella da cui sono partiti e in cui tornano prematuramente, è un’Italia spenta quella che prima li ha visti e ha sperato nella loro supplenza, poi si è rosa di delusione e infine depressa ha spento la tv. Un’Italia a specchio di una Nazionale nelle vecchiezze che contraddistinguono entrambe, nella difficoltà nel far valere il merito, nell’ipocrisia di chiamare “gruppo” o “spogliatoio” semplicemente il coro familistico tendenzialmente amorale dei tuoi, esattamente come succede in moltissimi (tutti?) i campi del Paese. Un Paese senza memoria, senza identità, senza idea di futuro. Una squadra che ha perso la memoria del gioco, persino quella della “difesa a tutti i costi” che aveva permesso poco spettacolo e un buon numero di vittorie. Che non ha identità tattica, che non “spera” nel suo futuro immediato priva com’è del coraggio di superare l’avversario. Per rischiare di vincere bisogna rischiare di perdere. Altrimenti, semplicemente, si perde male. Chiamare a gran voce il ricambio dei “senatori” in azzurro dopo un evento così fallimentare, anche nei termini appena virgolettati ahimé allude a un ricambio della classe dirigente complessiva di un Paese che i suoi Mondiali li sta perdendo quotidianamente, nell’affanno di nascondere la realtà per non misurarsi con essa come se tutto fosse solo e comunque la ricerca di un “legittimo impedimento” a rispondere di sé e delle proprie responsabilità, in alto e in basso. Debole Italia, davvero…

Oliviero Beha da Il Fatto Quotidiano, 25 giugno 2010

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