Sempre più chiusi negli accoglienti salotti delle nostre case, tesi unicamente ad aumentare il numero di pollici dell’ultimo televisore ultrapiatto, e sempre più preoccupati delle vicende economiche (intese nel senso più privatistico ed utilitaristico che il termine possa assumere: il lavoro dei figli, la crisi delle ultime settimane del mese) abbiamo smesso di occuparci e preoccuparci anche della politica.
Quasi, questa, fosse divenuta un’ancella umile da relegarsi, come riempitivo, ad ospite dei dibattiti in tivù. Dimenticando, in tal modo, che è proprio la politica il motore primo capace di portare a soluzione i problemi di interesse generale: questo è il suo vero obiettivo e la sua vera anima!
Secondo Platone, 2500 anni fa, la politica si identificava nella corretta amministrazione della cosa pubblica. Il tempo, con una fortissima accelerazione negli ultimi due secoli, ha revisionato di molto lo scarno concetto platonico (anche se, ad onor del vero, applicato in modo scientifico ai giorni nostri sarebbe stata una vera e propria manna) ed oggi, infatti, dalla politica pretendiamo molto di più: vogliamo che si interessi del benessere pubblico, della sanità, dell’aiuto ai più bisognosi, che si prodighi per le aree industriali in difficoltà, che sia di supporto alle nostre imprese e che pubblicizzi il made in italy in tutto il mondo; ci auguriamo che spali la neve sul marciapiede di casa e che ci ricostruisca l’abitazione distrutta dal terremoto, che porti la scuola pubblica ai livelli di eccellenza di quella a pagamento destinata a pochi eletti, che garantisca correttezza nei concorsi pubblici, che assicuri legalità negli appalti e contenimento della spesa.
Insomma, tutte queste aspettative, oggetto di continue lagnanze in pubblico e in privato, rappresentano l’ideale di politica. Tutti le reclamano.
Stranamente, però, nel chiuso della cabina elettorale l’idealismo si annacqua, il benessere pubblico sbiadisce e si comincia a ragionare sulle utilità e sui bisogni personali: ci assalgono i dubbi, ci ricordiamo degli amici degli amici, rammentiamo a noi stessi che in fin dei conti è giusto che ognuno pensi prima a se stesso e ai propri cari (sennò è chiamato pure fesso!). In breve, si piomba in una lucida schizofrenia che porta, appena fuori dal seggio elettorale, a gridare nuovamente contro lo sfascio, contro la casta, contro i privilegi, contro le raccomandazioni.
Il guaio è che, siccome questa schizofrenia ha contaminato larghe fasce della popolazione, non è più nemmeno vista come una malattia e nemmeno come una anomalia: è la nuova pelle del cittadino post moderno portatore sano di un “idealismo pubblico” e “un’anarchia in privato”.
E’ cambiata la mentalità, certo, e risultano allentate se non proprio disgregate le remore morali. I Partiti politici stentano molto a imboccare la strada del cambiamento, avvitati su posizioni assolutamente autoreferenziali. Anzi, per dimostrare tutta la loro modernità cambiano continuamente ragione sociale; ma così facendo si limitano a coprire le ulcere con un vestito nuovo.
Sarà lungo, forse lunghissimo il percorso per uscire da questo pantano: parafrasando Cavour verrebbe quasi da dire che l’Italia è fatta (anche se qualcuno sta giocando pericolosamente allo sfascio) ma gli italiani sono da “rifarsi”.
I Partiti ed il loro esempio saranno fondamentali nel prossimo futuro, a partire dalla scelta delle candidature arrivando al controllo sull’operato degli eletti.
Ecco perché a sinistra si continua a pensare, sganciati da radicalismi di sorta e consapevoli degli effetti perniciosi di un’ideologia che nella prassi ha mostrato i suoi lati peggiori, certi che i danni strutturali attuali sono da imputarsi quasi per intero ad una cultura che un poco per volta ha portato a pensare che “le cose di tutti non appartengano ad alcuno”, che l’unica via d’uscita debba passare per un profondo ripensamento morale ed etico oltre che, naturalmente, per una radicale rivisitazione delle politiche economiche ed ecologiche che non possono essere delegate alla buona volontà o alla creatività dei singoli governi.
Da queste considerazioni e da sinistra continua il richiamo alla “questione morale” , la madre di tutti i cambiamenti.
Su questo tema e solo partendo da questo tema nei prossimi mesi si potranno trovare convergenze con il Partito Democratico se quest’ultimo, sganciato dalle sirene di un grande centro all’inseguimento di una novella enorme balena dorotea fondata su correnti e clienti, troverà il tempo di fare analisi di lungo respiro, proprio perché la deriva berlusconiana non sarà facile da sconfiggere.
Forse, nel più ristretto ambito lucano, già le elezioni provinciali della primavera 2009 potrebbero mostrarsi fucina adatta a preparare un futuro migliore.
Ma gli ultimi anni, con i loro scossoni, ci hanno così tanto sconvolti che predire il futuro si rivela arte fantastica e forse anche incosciente. Tuttavia, non tentare di leggere il futuro significherebbe abbandonarsi allo sconforto e pregare solo il fato.
Nel nostro piccolo, senza l’ausilio di aruspici interessati, ci impegniamo, con voce sommessa e passi felpati, una volta stabilite le imprescindibili strategie di fondo, a non gridare più: “dagli all’untore”.
Per scaricare il volantino in formato .pdf clicca qui.
Il tuo voto ad un uomo così
"Amico mio, chissà quante volte tu hai dato il tuo voto, ad un uomo politico così, cioè corrotto, ignorante e stupido, sol perché una volta insediato al posto di potere egli ti poteva garantire una raccomandazione, la promozione ad un concorso, l’assunzione di un tuo parente, una licenza edilizia di sgarro.
Così facendo tu e milioni di altri cittadini italiani avete riempito i parlamenti e le assemblee regionali e comunali degli uomini peggiori, spiritualmente più laidi, più disponibili alla truffa civile, più dannosi alla società.
Di tutto quello che accade oggi in questa nazione, la prima e maggiore colpa è tua".
Giuseppe Fava detto Pippo (1925 - 1984)
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