altratella.it, che fare?

Abbiamo lanciato l'hashtag #altratellachefare? per decidere insieme cosa può essere domani questo (non-) luogo e spazio. PARTECIPA ANCHE TU! Leggi tutto

La discarica di Atella nel disastro rifiuti lucano

Un'interessantissima video-inchiesta sui rifiuti e il loro smaltimento, analizzando la questione e i suoi sviluppi nell'area del Vulture. E in quest'area ricade anche la discarica di Atella di località Cafaro, discarica che rientra a pieno titolo nell'enorme business legato allo smaltimento dei rifiuti. Leggi tutto

AAA acque minerali lucane in svendita

Nell'anno 2012 la regione Basilicata ha introitato la ridicola cifra di 323.464 euro dai canoni per l'imbottigliamento delle acque minerali, se si applicasse un canone equo (come suggerito dagli autori della ricerca) di 10 euro/mc la nostra regione incasserebbe 9,2 milioni di euro. Leggi tutto

Il tuo voto ad un uomo così

"Amico mio, chissà quante volte tu hai dato il tuo voto, ad un uomo poli­tico così, cioè corrotto, ignorante e stupido, sol perché una volta insedia­to al posto di potere egli ti poteva ga­rantire una raccomandazione, la pro­mozione ad un concorso, l’assunzione di un tuo parente, una licenza edilizia di sgarro.
Così facendo tu e milioni di altri cittadini italiani avete riempito i par­lamenti e le assemblee regionali e co­munali degli uomini peggiori, spiri­tualmente più laidi, più disponibili alla truffa civile, più dannosi alla so­cietà.
Di tutto quello che accade oggi in questa nazione, la prima e maggiore colpa è tua".

Giuseppe Fava detto Pippo (1925 - 1984)

mercoledì, gennaio 27, 2010

Resoconto di un anno e mezzo di amministrazione

Di seguito una video intervista al sindaco di Atella, Roberto Telesca, su un anno e mezzo di attività dell'amministrazione.

Opere pubbliche, novità sulla raccolta rifiuti, regolamento urbanistico, parco archeologico...non staremo solo a guardare.

giovedì, gennaio 21, 2010

Ho incontrato Nichi

di Don Tonio Dell’Olio

Ho incontrato Nichi lungo la via che portava da casa mia a Sarajevo. Nel cuore dei conflitti vicini che ti sorprendono e non te li aspetti. La guerra che ti aggredisce come una lite di condominio ed è una dirimpettaia accerchiata e umiliata dai cecchini e dall’indifferenza. Per questo decidemmo di rompere il cerchio, di aprirci nell’abbraccio dell’accoglienza e di andare a visitare quelle ombre che assumevano un volto e un nome. Andavamo a Sarajevo anonimi e dolenti, discreti e silenziosi a pretendere che non ci fosse inchiostro per noi sui giornali ma per loro sì, per le vittime sì. E poi fu Bagdad e Kurdistan, Saharawi e Palestina…
Ho incontrato Nichi nelle stesse case povere dei familiari delle vittime di mafia di Calabria e di Sicilia a dissuaderli di ricominciare a vivere e di non vergognarsi, che semmai dovevano vergognarsi i violenti, i senza Dio, quelli che si facevano pagare con la vita degli altri. A raccontare che non è vero che “se l’hanno ucciso qualcosa ha fatto e che se si faceva i fatti suoi…” L’antimafia dello stare accanto, del farsi prossimo, dell’imparare da questa università della strada che non conferisce lauree ma che ti insegna ciò per cui vale la pena vivere e persino morire.
Ho incontrato Nichi a denunciare i soprusi dei potenti con parole di poesia che a volte sembravano sprecate per dire di spregio e di interessi da difendere e di privilegi da garantire quando i braccianti nelle campagne venivano sfruttati come bestie da soma, nuovi schiavi ai remi della nave del mercato. Immolati sull’altare di un’economia globale che costruisce nuove torri di Babele dove i mattoni contano più delle persone. Ed era a Genova, il G8 e ai Social Forum Mondiali a scrutare in lontananza un altro mondo possibile. Anzi necessario e urgente.
Ho incontrato Nichi nello stesso abbraccio di don Tonino Bello dove ci siamo persi e ritrovati e abbiamo riconosciuto il profumo di parole nuove. Profumo di pane e di Vangelo. Una scuola della speranza che vince la rassegnazione a una chiesa che non si scaldi agli stessi bracieri dei poveri e preferisca piuttosto gli orpelli dei grandi. Non una consolazione ma una sfida che ci insegnava a “osare la pace per fede” e ad avere il cuore vicino e i battiti lontani. A vivere insieme la passione e il sogno di Isaia di “forgiare le spade in vomeri e le lance in falci”.
Ho incontrato Nichi anche quando ha accettato la sfida più grande e impegnativa di provare a cambiare le cose stando nel palazzo. Confesso che inizialmente ho provato compassione per lui che conosceva piuttosto le mappe delle strade da percorrere fianco a fianco nei cortei e nelle marce della pace. Ma quando abbiamo fissato sul muro della sala della giunta l’intitolazione a Ester Ada, ragazza partita dalla Nigeria e arrivata a Lampedusa cadavere ostentato per cinque giorni sul ponte della nave turca Pinar nella macabra danza tra Malta e l’Italia, ho pensato che si poteva cambiare. I non-previsti, i non-garantiti, i non-voluti, le pietre di scarto, i respinti avevano chiesto e ottenuto asilo e dignità. Qualcuno aveva abbassato i ponti levatoi dell’istituzione. Ho capito che ne valeva la pena e che ancora ne vale. Perché a ciascuno siano garantiti pane e diritti, ascolto e rispetto, giustizia. È un laboratorio di politica autentica perché ha “in corpo l’occhio del povero”. Ne vale la pena.

domenica, gennaio 10, 2010

Umanità smarrita

Le cronache di violenza e di razzismo che rimbalzano dalla città di Rosarno evocano storie millenarie di persecuzione nei confronti di minoranze di ogni tipo. Siamo tutti convocati ad un aspro rendiconto sulla deriva della nostra vita civile, questi pogrom non possono essere considerati una questione periferica di ordine pubblico: c’è come un Paese che si sta incarognendo, avvitando nelle proprie fobie, smarrendo i propri codici di convivialità e di accoglienza. Lo sdoganamento del lessico della xenofobia e della criminalizzazione dei più poveri è una questione che chiama in causa la responsabilità della politica e di tutti gli attori fondamentali della nostra società. In quel buco nero della ragione in cui si apre lo spazio della “caccia all’uomo” (si tratti di un nero o di un clochard, non fa differenza) dobbiamo saper guardare i segni di un degrado, di una decadenza della nostra cultura sociale, di una regressione a cui nessuno può arrendersi. Occorre una mobilitazione democratica e popolare capace di spezzare la catena della violenza. Occorre dire parole di pace, di tolleranza. Occorre lottare per recuperare sentimenti elementari di solidarietà e di fraternità. Occorre recuperare l’orizzonte della nostra smarrita umanità.


Nichi Vendola
A tal proposito una profezia di Pier Paolo Pasolini: