Concitata assemblea delle maestranze dello stabilimento ex Vicenzi nella Valle di Vitalba
I lavoratori chiedono a De Filippo chiarezza sul futuro
Non c'è pace per i 150 lavoratori dell'ormai ex stabilimento del gruppo Vicenzi nella Valle di Vitalba.
Chiusura, mobilità, cassa integrazione. Una lotta feroce con le unghie e con i denti per difendere il proprio diritto al lavoro.
Una lotta in cui gli ex dipendenti si sentono soli, abbandonati sia dai sindacati che dalla politica.
Dalla rabbia e dall'amara constatazione della realtà parte la richiesta al presidente De Filippo perché intervenga soprattutto per fare chiarezza.
Il 10 dicembre i lavoratori inviano una lettera al sig.Vicenzi che li sta mettendo alla porta e con essi il futuro delle loro famiglie. Una lettera piena di angoscia.
Lo stabilimento definito fino a poco prima “il fiore all'occhiello” del gruppo ora
deve chiudere. Una lettera piena di perché.
Vicenzi risponde alla missiva i primi giorni di gennaio scaricando tutte le responsabilità della chiusura sul governo della Regione Basilicata. Uno smacco se si pensa che lo stabilimento si reggeva su finanziamenti regionali.
Vicenzi non ha mai investito un euro in Basilicata, anche gli stipendi dei dipendenti non erano versati dall'azienda. In tutti e tre gli anni seguiti al crac Parmalat Vicenzi ha acquisito il marchio Mr Day mentre per la retribuzione dovuta ai lavoratori lucani, ha semplicemente usufruito della cassa integrazione.
La risposta del gruppo dolciario ha lasciato ancora più rancori e perplessità negli
animi dei 150 lavoratori che hanno deciso di rivolgersi per via diretta al presidente della Regione.
«Di certo - si legge nella lettera inviata il 16 febbraio per mail e fax al presidente De Filippo - non le sarà sfuggita la nostra presenza nel consiglio regione del 10
Febbraio 2009 finalizzata ad una manifestazione civile e silenziosa ma contenente una stato di rabbia imploso nei nostri animi. Avrà di certo notato le nostra magliette bianche con su scritto “cassaintegrato per causa vostra”. La nostra era una provocazione finalizzata ad un'attenzione da parte vostra sul perché accusavamo voi della nostra condizione, ma soprattutto era quella di difendere la nostra Regione i suoi lavoratori da accuse sottoscritte verso le istituzioni Regionali formulate dalla proprietà nella persona del Cav. Giuseppe Vicenzi il quale con una lettera indirizzata a tutti i lavoratori giustificava la chiusura dello stabilimento con l'aggravante verso la Regione Basilicata«.
Una richiesta di coinvolgimento estesa a tutti gli amministratori locali. Intanto le voci sul temuto smantellamento dei macchinari presenti in fabbrica si fanno
più forti.
Addirittura dalla settimana prossima è prevista la cessazione dell'attività di vigilanza.
Senza i preziosi macchinari anche i probabili imprenditori interessati all'acquisto come Dorsogna verrebbero meno.
«L'iter non è stato ancora completato - afferma Michele Giura rsu - dallo stabilimento non si può muovere niente. L'imprenditore ha una responsabilità sociale.
Quello che vorremmo capire è a quali condizioni sarà venduto lo stabilimento e chiedere al presidente De Filippo di farsi promotore di questo accordo».
Domande che per il momento restano irrisolte. Da questa mattina intanto parte
un nuovo presidio davantii cancelli della fabbrica, dove si spera, che i lavoratori
non saranno ancora una volta soli.
Chiusura, mobilità, cassa integrazione. Una lotta feroce con le unghie e con i denti per difendere il proprio diritto al lavoro.
Una lotta in cui gli ex dipendenti si sentono soli, abbandonati sia dai sindacati che dalla politica.
Dalla rabbia e dall'amara constatazione della realtà parte la richiesta al presidente De Filippo perché intervenga soprattutto per fare chiarezza.
Il 10 dicembre i lavoratori inviano una lettera al sig.Vicenzi che li sta mettendo alla porta e con essi il futuro delle loro famiglie. Una lettera piena di angoscia.
Lo stabilimento definito fino a poco prima “il fiore all'occhiello” del gruppo ora
deve chiudere. Una lettera piena di perché.
Vicenzi risponde alla missiva i primi giorni di gennaio scaricando tutte le responsabilità della chiusura sul governo della Regione Basilicata. Uno smacco se si pensa che lo stabilimento si reggeva su finanziamenti regionali.
Vicenzi non ha mai investito un euro in Basilicata, anche gli stipendi dei dipendenti non erano versati dall'azienda. In tutti e tre gli anni seguiti al crac Parmalat Vicenzi ha acquisito il marchio Mr Day mentre per la retribuzione dovuta ai lavoratori lucani, ha semplicemente usufruito della cassa integrazione.
La risposta del gruppo dolciario ha lasciato ancora più rancori e perplessità negli
animi dei 150 lavoratori che hanno deciso di rivolgersi per via diretta al presidente della Regione.
«Di certo - si legge nella lettera inviata il 16 febbraio per mail e fax al presidente De Filippo - non le sarà sfuggita la nostra presenza nel consiglio regione del 10
Febbraio 2009 finalizzata ad una manifestazione civile e silenziosa ma contenente una stato di rabbia imploso nei nostri animi. Avrà di certo notato le nostra magliette bianche con su scritto “cassaintegrato per causa vostra”. La nostra era una provocazione finalizzata ad un'attenzione da parte vostra sul perché accusavamo voi della nostra condizione, ma soprattutto era quella di difendere la nostra Regione i suoi lavoratori da accuse sottoscritte verso le istituzioni Regionali formulate dalla proprietà nella persona del Cav. Giuseppe Vicenzi il quale con una lettera indirizzata a tutti i lavoratori giustificava la chiusura dello stabilimento con l'aggravante verso la Regione Basilicata«.
Una richiesta di coinvolgimento estesa a tutti gli amministratori locali. Intanto le voci sul temuto smantellamento dei macchinari presenti in fabbrica si fanno
più forti.
Addirittura dalla settimana prossima è prevista la cessazione dell'attività di vigilanza.
Senza i preziosi macchinari anche i probabili imprenditori interessati all'acquisto come Dorsogna verrebbero meno.
«L'iter non è stato ancora completato - afferma Michele Giura rsu - dallo stabilimento non si può muovere niente. L'imprenditore ha una responsabilità sociale.
Quello che vorremmo capire è a quali condizioni sarà venduto lo stabilimento e chiedere al presidente De Filippo di farsi promotore di questo accordo».
Domande che per il momento restano irrisolte. Da questa mattina intanto parte
un nuovo presidio davantii cancelli della fabbrica, dove si spera, che i lavoratori
non saranno ancora una volta soli.
Tratto da Il Quotidiano della Basilicata
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