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Abbiamo lanciato l'hashtag #altratellachefare? per decidere insieme cosa può essere domani questo (non-) luogo e spazio. PARTECIPA ANCHE TU! Leggi tutto
Un'interessantissima video-inchiesta sui rifiuti e il loro smaltimento, analizzando la questione e i suoi sviluppi nell'area del Vulture. E in quest'area ricade anche la discarica di Atella di località Cafaro, discarica che rientra a pieno titolo nell'enorme business legato allo smaltimento dei rifiuti. Leggi tutto
Nell'anno 2012 la regione Basilicata ha introitato la ridicola cifra di 323.464 euro dai canoni per l'imbottigliamento delle acque minerali, se si applicasse un canone equo (come suggerito dagli autori della ricerca) di 10 euro/mc la nostra regione incasserebbe 9,2 milioni di euro. Leggi tutto
Il tuo voto ad un uomo così
"Amico mio, chissà quante volte tu hai dato il tuo voto, ad un uomo politico così, cioè corrotto, ignorante e stupido, sol perché una volta insediato al posto di potere egli ti poteva garantire una raccomandazione, la promozione ad un concorso, l’assunzione di un tuo parente, una licenza edilizia di sgarro. Così facendo tu e milioni di altri cittadini italiani avete riempito i parlamenti e le assemblee regionali e comunali degli uomini peggiori, spiritualmente più laidi, più disponibili alla truffa civile, più dannosi alla società. Di tutto quello che accade oggi in questa nazione, la prima e maggiore colpa è tua".
Ho deciso. Rinuncio ai 90 euro del bonus carburante per lasciarli ai miserabili che governano la nostra Regione. Gente molto più bisognosa di me, che da una vita tenta di arricchirsi col mercimonio malavitoso che chiamano “politica”, poveracci che non sono riusciti ad affermarsi come uomini e come professionisti e hanno quindi occupato le istituzioni non già per particolari meriti ma solo grazie al voto di scambio, conquistando con metodi non ortodossi un potere pericoloso quanto effimero. Mi auguro che con questi soldi, oltre a mantenere l'amante, comprino una corda robusta per farne l'uso migliore.
Da quando è iniziato il tam tam sul bonus che ha oltremodo affollato gli uffici postali per la relativa richiesta, mi sono chiesto se correre anch'io a gambe levate a far la coda per le quattro monetine che i nostri monarchi hanno deciso di lanciarci e non ho avuto dubbi. Le monetine le lancio io perchè a terra a chiedere l'elemosina col cappellino in mano ci sono loro, quelli come me sono tenuti saldamente in piedi dalla dignità, dal coraggio e dalla forza di volontà. Quelli come me non vogliono soldi ma giustizia, intesa come felicità sociale secondo la definizione di Kelsen (la tendenza eterna dell'uomo alla felicità che egli non può trovare come individuo e che perciò ricerca nella società). Non farò alcun tentativo di spiegare perché la felicità sociale è più importante dell'obolo con cui tentano di ammansire un popolo che rivoltoso non è mai stato e che va avanti con vile remissività da quando è stato debellato il brigantaggio. Come diceva John Fante, “le mie aspettative non riguardano quasi mai gli imbecilli”. Questi banali grassatori, con il livello culturale e civile del Bar Sport, ci concedono poco più di 7 euro al mese di carburante mentre loro vanno a rubare le nostre vite a bordo delle auto blu, a sirene spiegate e con il lampeggiante acceso . Roba che in confronto gli uomini della mala sono più sobri e discreti. Perché nell'unica regione italiana che poggia su un mare di petrolio, nell'era del federalismo fiscale e delle autonomie regionali, regna incontrastato un manipolo di lestofanti che altro non è riuscito a inventare se non un bonus di 90 euro l'anno? Sarà mica perché il suddetto manipolo gestisce sommersamente il mercato del lavoro e quindi tiene per le palle migliaia di persone appartenenti ad un popolo che, come diceva Sartre, si protrae per debolezza? La vostra risposta è si? E allora correte tutti in Posta, degni sudditi.
Per quanto mi riguarda, è di Gesualdo Bufalino la frase che meglio esprime il mio stato d'animo nei confronti dell'invereconda istituzionalizzazione dell'accattonaggio politico: “Quando mi rubano tutto, voglio pure regalare qualcosa.”
La telefonata di Vito di Indymedia arrivò poco prima di mezzanotte di domenica. "Corri, perché qui alla scuola Diaz stanno facendo un massacro". Nessuno aveva voglia di credergli. Eravamo a cena a Castelletto, la collina di Genova dove, secondo una splendida poesia di Caproni, si prende l'ascensore per il Paradiso. Un risarcimento, dopo quattro giorni d'inferno, violenza, rabbia e impotenza. L'aria dolce e fresca della collina, il vino bianco gelido per consolare la gola bruciata dai lacrimogeni. Però andiamo lo stesso, prendiamo l'ascensore da Castelletto all'inferno della Diaz, dove la storia è anche peggiore delle parole di Vito.
La scena che si presenta è la materializzazione dei peggiori incubi della nostra adolescenza. Elicotteri che volano bassi, assordanti, con i fari sparati sugli occhi, senz'altra ragione che simulare una guerra. Cordoni di poliziotti che spingono, premono, provocano, cercano ogni occasione buona per lo scontro. Cerchiamo di entrare nella Diaz sventolando il tesserino da giornalisti, ma davanti ai nostri occhi piove una manganellata sul deputato verde Cento, che mostrava addirittura il cartellino di parlamentare. Hanno avuto l'ordine di non far passare nessuno a nessun costo ed è un ordine che gli piace tanto. Si resta fuori a guardare increduli la scena cilena dei ragazzi portati via in barella, coperti di sangue, rantolanti verso le ambulanze. Fino a notte fonda, quando fanno entrare per vedere i resti della macelleria in quelle aule per bambini.
Quando si ripensa a Genova 2001 le prime cose che vengono in mente sono l'incredulità, la vergogna, l'indignazione di vedere dopo tanti anni un vero fascismo in azione, sotto il marchio dello Stato democratico. Ricordo la mattina del venerdì passata sulla terrazza dell'hotel President, la più alta di Genova, a osservare l'assurda strategia della polizia. I Black bloc attaccano oltre il ponte della ferrovia, ma le forze dell'ordine li ignorano e preferiscono scagliarsi con cariche e lacrimogeni contro il corteo autorizzato di via Tolemaide. Nell'inchiesta diranno che si erano sbagliati perché non conoscevano la città: un albi da impuniti. Nel pomeriggio l'assassinio di Carlo Giuliani e il delirio di piazza Alimonda, il tentativo di attribuire la morte ai suoi compagni: "Siete stati voi a ucciderlo, bastardi, con le vostre pietre". Per un momento ci ho creduto perfino io.
La sera, i ragazzi presi a manganellate o caricati sulle camionette soltanto perché avevano un'aria "di sinistra". Infine, la vergogna del sabato, con il grande corteo pacifico schiacciato dai reparti di polizia e io che mi ritrovo sugli scogli sotto Boccadasse, in compagnia del regista Mario Martone, a domandarsi che diavolo è successo, mentre i gommoni militari sono già pronti a giocare allo sbarco dei marines.
Dieci anni dopo si ricorda ancora questa vergogna di giornate che furono anche gloriose, importanti, ricche di idee. Parlare con le mille associazioni arrivate a Genova di acqua e globalizzazione, mercati finanziari e agricoltura, aveva significato la riscoperta di una politica vera, alta, lungimirante.
Il decennio seguito al 2001 si è incaricato di dar ragione al movimento nato fra Seattle e Genova su tutti i fronti. Gli ultimi G8 hanno adottato nei documenti finali le idee per cui quei ragazzi della Diaz e delle strade di Genova venivano presi a manganellate e portati nella caserma di Bolzaneto. Con un programma incentrato sulla green economy invocata dal popolo di Seattle fra i lacrimogeni, Obama otterrà il più largo mandato della storia dei presidenti americani. Perfino gli ultimi referendum vinti con un plebiscito sull'acqua pubblica e il nucleare sono figli di quel movimento e di quelle giornate, ed è un paradosso che a promuoverli sia stato proprio Antonio Di Pietro, che all'epoca prese in blocco le difese dell'azione criminale delle forze dell'ordine, senza se e senza ma, e impedì la creazione di una commissione parlamentare sui fatti del G8, votando con Berlusconi e la Lega. Nel frattempo sono diventati "no global" anche i vescovi e Giulio Tremonti.
Capita di rado in politica di assistere a uno scontro dove il torto e la ragione sono nettamente separati in due campi. Genova 2001 fu questo, ma si risolse in una lunga vittoria della cattiva politica sulla buona. La criminalizzazione dei manifestanti, sui media controllati, spianò la strada al decennio peggiore della nostra vita, al trionfo della politica del malaffare e del conflitto d'interessi, al regno del berlusconismo senza limiti. Soltanto adesso, dopo i colpi della crisi internazionale, a un passo dalla bancarotta del Paese, la buona politica comincia a risollevare la testa.
Il Pan del Diavolo sarà il protagonista della 5^ edizione del festival ad alto tasso emergente, AtellaOnLive’11, che si terrà il 29 Luglio nella cittadina angioina.
Il duo palermitano di musica Folk / Melodico popolare / Psychobilly (come nella descrizione del myspace ufficiale) è composto da Pietro Alessandro Alosi (voce, chitarra, grancassa) e Gianluca Bartolo (chitarra 12 corde). Due chitarre, quindi, e una grancassa a sonagli a tenere il tempo, una scrittura "urticante" che risucchia l'ironia nera di Fred Buscaglione e il furore vocale degli urlatori italiani ma soprattutto del loro progenitore, Ghigo Agosti, con tanto di Arrabbiati fedeli al seguito.