Documento a cura di Michele Saponaro - segretario regionale prc basilicata
A me pare si possa condividere col prof. Riccardo Realfonzo - Corriere del Mezzogiorno del 6 nov. 2007, il giudizio che – a questo punto della discussione parlamentare sulla finanziaria 2008: “Il governo nazionale (e di conseguenza quello locale) si stanno apprestando a varare due finanziarie sostanzialmente ‘sterili’’ rispetto alle esigenze meridionali in genere”: un “rigorismo” finalizzato al “risanamento” delle finanze pubbliche, che finisce per mettere sullo sfondo – per il secondo anno consecutivo – le esigenze delle aree svantaggiate. Contentini sul piano del welfare e alleggerimento della pressione fiscale sulle imprese per contrarne i costi di produzione (cuneo fiscale, crediti d’imposta). Ancora manovre di tipo finanziario, che non toccano l’assetto produttivo e il modello di specializzazione nel Mezzogiorno. Una manovra che taglia i costi e fa incassare un po’ di profitti alle imprese; non vuole incidere sugli effetti dei bassi salari in Italia e quindi non può rilanciare la competitività.Se questa è la premessa, cosa saranno le finanziarie regionali? Un ente regionale messo all’angolo dai discutibili vincoli finanziari del Patto di Stabilità Interno e con un bilancio per circa l’80-85% vincolato alle spese sanitarie, a quelle del personale e al pagamento degli interessi? Complessivamente – sostiene il professore Realfonzo dell’Università del Sannio – “queste finanziarie tanto volute e difese dal PD, da un lato, non alterano il dato della spesa procapite, che continua a registrare valori ben inferiori a quelli previsti per i cittadini del Centro-Nord; e, dall’altro, insistono nel battere la strada del contenimento dei costi e della restrizione dell’intervento pubblico come uniche chiavi per lo sviluppo”. Con buona pace degli impegni programmatici che hanno portato l’Unione al Governo e che avrebbero dovuto riverberarsi nelle politiche meridionaliste.Rimarrebbe la speranza affidata all’impiego dei fondi europei e agli stanziamenti complessivi previsti dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013. Ma dov’è il necessario dibattito, nazionale e locale, che faccia intravvedere posizioni nuove e efficaci per il Sud?Fatta eccezione per la Puglia, sembra di rintracciare nei documenti di programmazione strategica delle regioni meridionali una prospettiva di ‘sviluppo’ debole, subalterna ai flussi di merci decisi altrove, che lascerebbero sul territorio regionale ben poco valore aggiunto. Una prospettiva che continua a insistere sul contenimento dei salari e fallisce nell’innescare un processo virtuoso di crescita quantitativa e qualitativa dell’occupazione, scarica sull’ambiente i costi di tecnologie tradizionali, desuete, se non altamente inquinanti e desertificanti come in Basilicata le estrazioni petrolifere prospettate, i rifiuti in Campania e Basilicata, ecc.Per uscire dal sottosviluppo occorrerebbe puntare anzitutto su un modello incentrato su politiche industriali capaci di mettere in reti strette servizi, infrastrutture, innovazione tecnologica e occupazione di qualità, intanto in quel tessuto esistente del made in Italy. E da qui ripartire per stimolare sistema imprenditoriale complessivo e Governo alla definizione delle ‘compatibilità’ dei futuri insediamenti col territorio e con le auspicate politiche nazionali.Da questo punto di vista mi paiono assai interessanti le proposte formulate dal gruppo del prof. Marco Canesi, docente di pianificazione territoriale al Politecnico di Milano, avanzate a suo tempo per il Consorzio di Sviluppo di Matera e rimaste però finora in gran parte lettera morta, se si eccettua l’iniziativa a Matera di presentazione del lavoro raccolto in una accurata pubblicazione, e del convegno fatto da Rifondazione Comunista che ha ripreso quelle tesi per formulare proposte utili alla redazione del Piano Strategico per una Città policentrica apulo-lucana. Proposte che - mi pare di capire dal recente intervento del professore sul manifesto di qualche giorno addietro - si sono arricchite di analoghe esperienze maturate nelle regioni campane e calabrese.Il problema di fondo del Sud, sostiene Canesi, è la debolezza della sua economia: un deficit commerciale – quasi tutto in prodotti industriali – che è quasi il 20% del suo PIL. Il Mezzogiorno ha bisogno di un bacino produttivo autocentrato, esteso dal Napoletano alla Sicilia; incardinato in un progetto macrourbanistico che affronti e risolva due interventi prioritari: il primo la realizzazione dell’Alta Capacità, spina dorsale di tutto il territorio meridionale che assicuri quasi ovunque frequentazioni giornaliere, e di conseguenza un tracciato che attraversi i territori interni in cui sono storicamente situati gli insediamenti più rilevanti, e non invece la costa tirrenica o quella jonica che tende a marginalizzarli definitivamente. In Basilicata, ad esempio, con un miliardo di euro si potrebbe completare un tracciato anulare che congiungerebbe il nodo di Potenza con l’alto barese, scendendo poi verso Taranto e che, quindi, costeggiando all’interno il Metapontino raggiungerebbe l’area industriale di Ferrandina-Pisticci , ritornando poi verso il nodo potentino. L’anello – una volta realizzato – consentirebbe lo spostamento da ogni punto compreso al suo interno e alla sua corona nell’arco massimo di un’ora, che è il tempo medio utile per gli spostamenti d’affari e di lavoro e di studio.La cifra complessivamente prevista per raccordare le infrastrutture della mobilità esistenti in Basilicata, Calabria e Campania a quelle da realizzare si aggirerebbe attorno ai 25-30 miliardi di euro.La Città policentrica apulo-lucana, ad esempio, comprenderebbe, oltre agli insediamenti principali individuati sull’anello con una popolazione complessiva di 250 mila abitanti, anche gli insediamenti interurbani che vanno da Brindisi di Montagna - alle porte di Potenza, fino a quelle pugliesi dell’altipiano murgico, giù fino alle porte di Taranto, e praticamente tutta la provincia materana, con una popolazione di oltre 500 mila abitanti)Il nuovo assetto territoriale aprirebbe prospettive impensabili alla politica industriale, per la potenza delle economie di agglomerazione messe in gioco: le filiere produttive (intanto quelle distrettuali del made in Italy) sarebbero nelle condizioni di superare la loro frammentazione, vecchie e nuove attività si integrerebbero, costruendo relazioni nel Mediterraneo. I flussi commerciali sempre più crescenti tra Oriente e Occidente attraverso il Mediterraneo incrocerebbero Taranto, Gioia Tauro, Crotone, non solo come luoghi di movimentazione container, ma anche per altre attività cui sia strategico l’accesso al mare: un polo strumentale della meccanica strumentale pesante? La riqualificazione della Valbasento per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti dell’agricoltura, per la riconversione di quel deserto industriale chimico a sito della chimica fine e la produzione di energia rinnovabile?Ecco, questo mi pare un utile approccio per valutare - almeno dal lato dell’assetto produttivo e della qualità dei lavori – le finanziarie e i Programmi Operativi ‘regionali’ in via di definizione. E per maturare l’atteggiamento e il voto che la sinistra nel suo complesso dovrà esprimere se il PD vorrà aprire un confronto serio operando scelte di respiro strategico e non solo tagli e ‘visioni’ romantiche o oleografiche.
Il tuo voto ad un uomo così
"Amico mio, chissà quante volte tu hai dato il tuo voto, ad un uomo politico così, cioè corrotto, ignorante e stupido, sol perché una volta insediato al posto di potere egli ti poteva garantire una raccomandazione, la promozione ad un concorso, l’assunzione di un tuo parente, una licenza edilizia di sgarro.
Così facendo tu e milioni di altri cittadini italiani avete riempito i parlamenti e le assemblee regionali e comunali degli uomini peggiori, spiritualmente più laidi, più disponibili alla truffa civile, più dannosi alla società.
Di tutto quello che accade oggi in questa nazione, la prima e maggiore colpa è tua".
Giuseppe Fava detto Pippo (1925 - 1984)
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