
54 anni, docente di Storia dell’economia all’Università di Genova, indipendente ma sostenuto da Sinistra ecologia e libertà, e da Don Andrea Gallo, si è presentato come l’anti-casta, il politico “non di professione”, quello che non vuole la gronda, e da outsider qual’era ha lasciato di ghiaccio le due candidate favorite, Marta Vincenzi (27,5%) e Roberta Pinotti (23,6%). Per la cronaca, i comprimari Angela Burlando e Andrea Sassano hanno ottenuto rispettivamente l’1,9% e l’1%.
25.090 votanti. L’affluenza alle urne non è stata altissima (10 mila persone in meno rispetto alle primarie del centrosinistra genovese del 2007) e però è bastata a confermare un trend che ha visto negli ultimi dieci anni i Ds prima, l’Ulivo e l’Unione poi, e il Pd oggi perdere sempre più terreno rispetto ad altre realtà cittadine e nazionali. In più le litigate intestine degli ultimi mesi non hanno certo contribuito a riaccendere la passione né nei quasi 3000 iscritti né nei simpatizzanti del centrosinistra.
Nella sede di piazza Della Vittoria – mai nome meno azzeccato – le porte degli uffici si aprono e soprattutto si chiudono in conclavi improvvisate. «Sono quindici anni che si pongono diversi problemi e nessuno ha fatto nulla per risolverli, e ora scoppia un terremoto» sbotta Victor Rasetto, giovane segretario provinciale del Pd, dando fine alle scorte di tabacco e cioccolato a disposizione. Di dimissioni, per ora, non vuole sentire parlare «Se mi chiederanno un passo indietro, lo farò». D’accordo anche Lorenzo Basso, segretario regionale: «Sul Secolo XIX hanno scritto che Bersani ci avrebbe messo due ore a farci fuori, tutte balle, ora bisogna riflettere e sostenere il candidato vincitore, per vincere le prossime elezioni comunali».
Man mano che arrivano i risultati dai seggi di Sestri Ponente, Sestri la rossa, dove il Pd paga lo scotto di non aver saputo incidere davvero sul disastro di Fincantieri; dal Lagaccio, dove la giunta vorrebbe costruire una moschea e dove alle urne si sono visti tanti leghisti e tanti esponenti dei comitati contrari al luogo di culto; da San Fruttuoso, il quartiere dove sei persone hanno perso la vita, durante l’alluvione; e dalle ricche Castelletto, Quarto, Nervi, Sturla. Vincenzi e Pinotti sfondano solo nei loro feudi, Valpolcevera e Sampierdarena. Altrove, ovunque, per il PD è un’ecatombe. Un sostenitore di Marta Vincenzi entra nella sede e sorride amaro. Parla di “partito assurdo”, di tafazzismo.
In effetti. Dall’estate a questa parte, un autogol dopo l’altro. A luglio Roberta Pinotti, senatrice vicina all’area cattolica, sostenuta dalle nuove leve della segreteria genovese decide di candidarsi, e lo annuncia prima ai media e poi ai suoi vertici. Si inizia a parlare di primarie, in agosto, ma con una convinzione scarsa abbastanza da far intendere che c’è chi preferirebbe non ricorrere a questo strumento. Rasetto e Basso provano a convincere Marta Vincenzi a fare un passo indietro, non è amata in città, ma la sindaco non ci pensa neppure. Una schermaglia che va avanti con mosse e contromosse, fino a novembre, quando il disastro dell’alluvione sembra mettere definitivamente Supermarta fuorigioco. Così non è. Anzi. La sua indipendenza dal partito si traduce in un “io mi candido, con o senza Pd”. E poi sondaggi dalla lettura criptica utili solo alle società a cui vengono commissionati, riunioni romane dalle quali Rasetto, Basso e Co. escono quasi sempre con un “arrangiatevi”. Le primarie diventano la soluzione per risolvere una bega interna. Non a caso quasi tutti le chiamano, da subito, primarie del PD.
La vittoria di Marco Doria non scompagina solo i piani del Partito democratico genovese. L’Italia dei Valori aveva puntato tutto su Marta Vincenzi, sperando di uscire dalle future amministrative con un peso ancora maggiore rispetto a quello, già sostanzioso, che ricopre nell’attuale giunta.
L’Udc, che oggi in Comune sta all’opposizione ma in Regione collabora con il centrosinistra, aveva corteggiato e disdegnato, a giorni alterni, entrambe le candidate. A questo punto, si schiererà a favore di Enrico Musso, senatore liberale, ex Pdl, perfetto per vestire la maglia del terzo polo.
Il Pdl genovese, il cui congresso andava in scena in contemporanea con le primarie, è ancora senza un candidato, segno che di partiti tafazzisti, a Genova, ce ne sono almeno due. La Lega Nord invece è già pronta ai blocchi, con il trentenne Edoardo Rixi.
di Giulia Mietta in Linkiesta
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