altratella.it, che fare?

Abbiamo lanciato l'hashtag #altratellachefare? per decidere insieme cosa può essere domani questo (non-) luogo e spazio. PARTECIPA ANCHE TU! Leggi tutto

La discarica di Atella nel disastro rifiuti lucano

Un'interessantissima video-inchiesta sui rifiuti e il loro smaltimento, analizzando la questione e i suoi sviluppi nell'area del Vulture. E in quest'area ricade anche la discarica di Atella di località Cafaro, discarica che rientra a pieno titolo nell'enorme business legato allo smaltimento dei rifiuti. Leggi tutto

AAA acque minerali lucane in svendita

Nell'anno 2012 la regione Basilicata ha introitato la ridicola cifra di 323.464 euro dai canoni per l'imbottigliamento delle acque minerali, se si applicasse un canone equo (come suggerito dagli autori della ricerca) di 10 euro/mc la nostra regione incasserebbe 9,2 milioni di euro. Leggi tutto

Il tuo voto ad un uomo così

"Amico mio, chissà quante volte tu hai dato il tuo voto, ad un uomo poli­tico così, cioè corrotto, ignorante e stupido, sol perché una volta insedia­to al posto di potere egli ti poteva ga­rantire una raccomandazione, la pro­mozione ad un concorso, l’assunzione di un tuo parente, una licenza edilizia di sgarro.
Così facendo tu e milioni di altri cittadini italiani avete riempito i par­lamenti e le assemblee regionali e co­munali degli uomini peggiori, spiri­tualmente più laidi, più disponibili alla truffa civile, più dannosi alla so­cietà.
Di tutto quello che accade oggi in questa nazione, la prima e maggiore colpa è tua".

Giuseppe Fava detto Pippo (1925 - 1984)

mercoledì, febbraio 29, 2012

Acqua di rubinetto di Atella: buona, sicura, conveniente

Vi siete mai chiesti se l’acqua che sgorga dal vostro rubinetto di casa sia potabile? E…sapete quanto risparmiereste se, anziché caricarvi di pesanti fardelli di acqua minerale imbottigliata dal supermercato, beveste l’acqua direttamente dalla condotta pubblica?

Dati alla mano, proviamo a dare risposta a queste due semplici domande. L’Acquedotto Lucano ha pubblicato i dati relativi alle acque di rubinetto dei nostri comuni aggiornati al 2010 e, come potete verificare, i valori rientrano pienamente nei limiti di legge e, in alcuni casi, le caratteristiche dell’acqua di rubinetto risultano migliori delle sue “gemelle” imbottigliate. Anche per quanto riguarda, ovviamente, i dati dell’acqua del rubinetto del comune di Atella (consulta la tabella sulla destra), Acquedotto Lucano garantisce la bontà del liquido blu.

Per quanto attiene l’aspetto economico, si può fare un semplice calcolo: una famiglia media di 5 persone consuma, tra inverno ed estate, come minimo 3 fardelli (36 litri) di acqua alla settimana. Ogni fardello costa in media 1,50 €. Quindi all’anno si spendono:
 1,5 (costo fardello) x3 (consumo settimanale) x 52 (settimane in un anno)= € 234,00 in acque minerali imbottigliate.

Non rappresenta di sicuro una cifra significativa se spalmata su tutto l’anno, ma se paragonata al costo dell’equivalente quantitativo d’acqua se presa dal rubinetto, cioè intorno a € 1,50, si capisce l’abisso che separa i due costi.

Se a ciò si aggiunge il risparmio di carburante necessario per il trasporto dell’acqua da un capo all’altro del paese, e dell’energia necessaria per produrre le bottiglie in PET per contenerla, si capisce bene l’importanza, in chiave anche ecologica, contenuta in un gesto così semplice e comodo.

Alessandro Pietropinto

lunedì, febbraio 13, 2012

Dopo Puglia, Milano, Cagliari anche a Genova SEL vince le primarie

GENOVA - Quando intorno alle 15 di questa gelida domenica di febbraio sono iniziati a circolare clandestinamente i primi exit poll - “Doria in testa”, dicevano – quasi nessuno li aveva presi sul serio. Eppure era proprio così. Anche all’ombra della Lanterna stava prendendo forma l’effetto Pisapia. «No, non è l’onda lunga da Milano, è un’onda percepita in tutto il Paese e i partiti devono rendersene conto» dice Marco Doria quando alle 23e37, con un ufficiale 46% delle preferenze, viene investito come candidato del centrosinistra alle prossime amministrative genovesi. Non ha vinto da neppure un minuto che già ha infilato la prima stoccata ai suoi alleati del PD.

54 anni, docente di Storia dell’economia all’Università di Genova, indipendente ma sostenuto da Sinistra ecologia e libertà, e da Don Andrea Gallo, si è presentato come l’anti-casta, il politico “non di professione”, quello che non vuole la gronda, e da outsider qual’era ha lasciato di ghiaccio le due candidate favorite, Marta Vincenzi (27,5%) e Roberta Pinotti (23,6%). Per la cronaca, i comprimari Angela Burlando e Andrea Sassano hanno ottenuto rispettivamente l’1,9% e l’1%.
25.090 votanti. L’affluenza alle urne non è stata altissima (10 mila persone in meno rispetto alle primarie del centrosinistra genovese del 2007) e però è bastata a confermare un trend che ha visto negli ultimi dieci anni i Ds prima, l’Ulivo e l’Unione poi, e il Pd oggi perdere sempre più terreno rispetto ad altre realtà cittadine e nazionali. In più le litigate intestine degli ultimi mesi non hanno certo contribuito a riaccendere la passione né nei quasi 3000 iscritti né nei simpatizzanti del centrosinistra.

Nella sede di piazza Della Vittoria – mai nome meno azzeccato – le porte degli uffici si aprono e soprattutto si chiudono in conclavi improvvisate. «Sono quindici anni che si pongono diversi problemi e nessuno ha fatto nulla per risolverli, e ora scoppia un terremoto» sbotta Victor Rasetto, giovane segretario provinciale del Pd, dando fine alle scorte di tabacco e cioccolato a disposizione. Di dimissioni, per ora, non vuole sentire parlare «Se mi chiederanno un passo indietro, lo farò». D’accordo anche Lorenzo Basso, segretario regionale: «Sul Secolo XIX hanno scritto che Bersani ci avrebbe messo due ore a farci fuori, tutte balle, ora bisogna riflettere e sostenere il candidato vincitore, per vincere le prossime elezioni comunali». 

Man mano che arrivano i risultati dai seggi di Sestri Ponente, Sestri la rossa, dove il Pd paga lo scotto di non aver saputo incidere davvero sul disastro di Fincantieri; dal Lagaccio, dove la giunta vorrebbe costruire una moschea e dove alle urne si sono visti tanti leghisti e tanti esponenti dei comitati contrari al luogo di culto; da San Fruttuoso, il quartiere dove sei persone hanno perso la vita, durante l’alluvione; e dalle ricche Castelletto, Quarto, Nervi, Sturla. Vincenzi e Pinotti sfondano solo nei loro feudi, Valpolcevera e Sampierdarena. Altrove, ovunque, per il PD è un’ecatombe. Un sostenitore di Marta Vincenzi entra nella sede e sorride amaro. Parla di “partito assurdo”, di tafazzismo. 

In effetti. Dall’estate a questa parte, un autogol dopo l’altro. A luglio Roberta Pinotti, senatrice vicina all’area cattolica, sostenuta dalle nuove leve della segreteria genovese decide di candidarsi, e lo annuncia prima ai media e poi ai suoi vertici. Si inizia a parlare di primarie, in agosto, ma con una convinzione scarsa abbastanza da far intendere che c’è chi preferirebbe non ricorrere a questo strumento. Rasetto e Basso provano a convincere Marta Vincenzi a fare un passo indietro, non è amata in città, ma la sindaco non ci pensa neppure. Una schermaglia che va avanti con mosse e contromosse, fino a novembre, quando il disastro dell’alluvione sembra mettere definitivamente Supermarta fuorigioco. Così non è. Anzi. La sua indipendenza dal partito si traduce in un “io mi candido, con o senza Pd”. E poi sondaggi dalla lettura criptica utili solo alle società a cui vengono commissionati, riunioni romane dalle quali Rasetto, Basso e Co. escono quasi sempre con un “arrangiatevi”. Le primarie diventano la soluzione per risolvere una bega interna. Non a caso quasi tutti le chiamano, da subito, primarie del PD.

Nel frattempo il “transatlantico”, Marco Doria affila i coltelli. Con un gruppo di sostenitori che si muove attraverso facebook, a colpi di flash mob, con sciarpe arancioni e concerti di musica indipendente. Una formula accattivante ma vincente, no, nessuno se lo sarebbe immaginato. In salita Santa Caterina lo slogan è “non ci posso credere”. Fino a quando, tra le bottiglie di spumante e i cori da stadio, arriva il professore. Che non vuole essere chiamato rottamatore, che dedica la vittoria a uno dei suoi primi sostenitori, Paolo Arvati, ex Pci, storico del mondo sindacale, morto proprio nei primi giorni di campagna elettorale. «Ho vinto grazie a un modo diverso di pormi nei confronti dei cittadini» dice. Ed è una rivincita nei confronti di chi lo accusava di fare antipolitica, di strizzare l’occhio a grillini, di citare troppo De André (anche se nel privato preferisce Guccini). La sua vittoria è frutto di un voto di protesta? «Di certo non si è scelto il cambiamento di plastica, quello di chi da troppo tempo flirta con il centrodestra – dice il coordinatore regionale di Sel Simone Leoncini – ma il cambiamento vero, di sostanza, di chi parla di ambiente e di lavoro». E poi? Il programma di Marco Doria, per i suoi nuovi alleati e in parte anche per chi lo ha votato, resta un’incognita.

La vittoria di Marco Doria non scompagina solo i piani del Partito democratico genovese. L’Italia dei Valori aveva puntato tutto su Marta Vincenzi, sperando di uscire dalle future amministrative con un peso ancora maggiore rispetto a quello, già sostanzioso, che ricopre nell’attuale giunta.
L’Udc, che oggi in Comune sta all’opposizione ma in Regione collabora con il centrosinistra, aveva corteggiato e disdegnato, a giorni alterni, entrambe le candidate. A questo punto, si schiererà a favore di Enrico Musso, senatore liberale, ex Pdl, perfetto per vestire la maglia del terzo polo.
Il Pdl genovese, il cui congresso andava in scena in contemporanea con le primarie, è ancora senza un candidato, segno che di partiti tafazzisti, a Genova, ce ne sono almeno due. La Lega Nord invece è già pronta ai blocchi, con il trentenne Edoardo Rixi.
di Giulia Mietta in Linkiesta

venerdì, febbraio 10, 2012

Laghi di Monticchio, turismo e veleni

Nel 2003 una famosa agenzia di revisione finanziaria, analizzando l’utilizzo dei fondi europei della Basilicata, ricordò alla Regione perché era importante tutelare il Vulture, e puntare su turismo e sostenibilità ambientale. Come è andata a finire?

“Prego, accomodatevi. Questo è l’unico posto dove si può mangiare con vista sul lago”. È l’accoglienza d’un cameriere fuori dal ristorante in cui lavora. Siamo a Monticchio, e se non fosse per il tetto in eternit sarebbe tutto perfetto. Sul lago, oltre alla vista, c’è pure l’amianto degli anni ’80. E visto lo stato di degrado, immaginate l’umidità che produce un cratere pieno d’acqua, chiedo se sulla testa dei clienti comporta uno sconto. Lui si defila. Davanti gli passano bambini che costeggiano le sponde assieme a papà e mamme, coppie, gente in bici. Il viavai turistico. Almeno il sabato e la domenica, quando arrivano soprattutto campani, pugliesi e lucani. Pensare che nel 2003 abbiamo dovuto pagare Ernst & Young,leader mondiale nei servizi di revisione, fiscalità, transaction e advisory, per farci ricordare che il turismo è “uno dei principali assi di sviluppo sostenibile della Basilicata”. Evidentemente, ancora non lo sapevamo.
QUEL LAGO ALL’AMIANTO - Sulle pendici dell’antico cratere di origine vulcanica (formatosi 800 mila anni fa, ndr),da sempre sui laghi svetta l’abbazia benedettina. Dentro, tracce di affreschi risalenti alla metà del secolo XI, e il Cristo ligneo di un’artista lucano, immagine contemporanea d’ascensione che si sovrappone alle icone del passato. Da sopra la vista è meravigliosa. Per l’abbazia nel 2003 la Provincia di Potenza spese 150 mila euro. Altri 350 mila sarebbero stati disponibili per successivi interventi di adeguamento, l’avvio del recupero della Casina Laghi, la regolamentazione dell’attività dei natanti, e una serie di iniziative turistiche e promozionali, come la pubblicazione del volume sulla farfalla del Vulture, specie in via di estinzione grazie a cui nel ’61 l’area è diventata protetta. Si parlava pure di azioni di pulizia del territorio attraverso i soliti lavoratori socialmente utili, e personale stagionale. L’allora presidente della Provincia Vito Santarsiero disse che occorreva “fare ordine”. Sulla gestione. Nel 2001 il Dipartimento ambiente della Regione aveva ritirato alla Provincia la delega di gestore, assegnatagli nel ’94. A prescindere i contrasti nel definire le competenze, anche sulle risorse economiche, già il Programma operativo 94/99 aveva attivato finanziamenti per un circuito turistico ecocompatibile. Quello stesso anno, con il Programma operativo plurifondo si finanziava un progetto della Comunità montana per valorizzare cratere e laghi.
I risultati, al di là dell’avvio d’una “proficua intesa” tra Comuni e Comunità Montana, girando oggi non si vedono granché. Natanti a parte, l’abbazia in parte è un cantiere aperto. Un pezzo della ringhiera in legno attaccata all’abbazia venendo dal lago piccolo, non esiste più. Col rischio di farsi un volo di 10 metri. Sul lago molti dei lampioni a terra che lo circondano hanno fili elettrici scoperti. O sono usati come bidoni di rifiuti. I cartelli che dovrebbero parlarci della storia del luogo, della tradizione, dell’ecosistema, sono spazi vuoti, non raccontano nulla. E i locali lungo le sponde? Quelli dove si mangia, si compra il souvenir, ci si prende un caffè, o semplicemente si passeggia per godersi il lago?
La maggior parte hanno un tetto fatto d’eternit con trentanni d’invecchiamento alle spalle e vegetazione che ci cresce sopra. In qualche caso fissati con mattoni appoggiati. Nessuno, nonostante gli investimenti per il turismo, e l’attenzione verso la valorizzazione, sembra essersi accorto della loro esistenza. Eppure la revisione del Programma operativo regionale 2000/2006, fatta da Ernst&Young per “incidere positivamente sul mercato e sulla società”, ricorda che Rionero in Vulture, sotto cui i laghi ricadono, rientrava tra i comuni ai quali erano stati riconosciuti anche finanziamenti per 250 mila euro per la “rimozione di situazioni di degrado e interventi tesi a prevenire situazioni di pericolo per l’igienicità dei litorali”. Igienicità o meno, l’amianto è rimasto sul litorale del lago piccolo e da qualche altra parte, mentre i fondi sulla “valorizzazione e promozione turistica” volavano. Più di 15 milioni di euro in quegli anni, aggiunti ad altri 18 per progetti riguardanti lo “sviluppo della ricettività turistica e dei servizi complementari connessi”.
ACQUA E RIFIUTI - Nonostante nel ’71, per salvaguardare il patrimonio ambientale e faunistico venne istituita la riserva di Grotticelle, a valorizzare il vulcano, l’evoluzione del pianeta e del nostro territorio, o del ciclo dell’acqua, resta solo il Museo di storia naturale. Un ciclo, quello dell’acqua, tanto importante che nel Vulture ha attirato interessi multinazionali. Il fondo è ricco di sorgenti. E non si trovano cartelli che parlino al turista dei briganti. Non è facile raggiungere le “Piste dei briganti di Crocco”, un sentiero tra i boschi che conduce a 1326 metri. Attorno ontani, castagni, cerri, faggi, noccioli, frassini, abeti. Prima di raggiungere la vetta s’incontra la stazione d’arrivo della funivia. Distrutta, e anche qui non manca l’amianto in pezzi. Sulla vetta non ci si arriva. È zona militare, vietata. Si riesce a vedere Melfi però. Sotto quel vecchio vulcano ricco di sorgenti, poco oltre la città federiciana, c’è l’inceneritore Fenice, con i problemi che si porta dietro. È sempre la famosa agenzia a consigliare la Regione di riprogrammare tenendo conto che il “problema della gestione efficiente ed efficace delle risorse idriche nella Regione è prioritario per la quasi totalità del territorio”.
Così mentre si sottolinea la necessità di finanziare progetti tesi “a garantire una piena e sostenibile fruizione turistica delle aree a maggiore valenza ambientale”, l’inceneritore brucia. E produce i suoi effetti. L’anno prima un report sui rifiuti speciali aveva ricordato l’incredibile picco in tonnellate bruciate, un “caso a parte” nel meridione. Oggi si scopre l’inquinamento, e non solo nell’area attorno all’inceneritore. Da un lato con soldi pubblici la Regione paga famose agenzie per farsi ricordare che “il bacino idrominerario del Vulture rappresenta uno dei più importanti patrimoni di sorgenti e acque sotterranee della Basilicata”, ed eroga fondi per il ciclo integrato dell’acqua (53 milioni di euro nel solo triennio del 2003), per migliorare le produzioni zootecniche (oltre 600 mila euro per il Comune Rionero, 1.200.844 per Melfi), o per la ristrutturazione dei vigneti (partita nel 1998, ha ammontato a 2,7 milioni di euro).Dall’altro, sotto un territorio con la denominazione di origine controllata, con acque che vanno a tavola, autorizza un inceneritore a mandare in aria i fumi di tonnellate e tonnellate di rifiuti, anche pericolosi, che hanno già immesso nell’ecosistema metalli pesanti e altri contaminanti.
Nel 2009 mentre la Comunità montana del Vulture determinava su un “intervento di valorizzazione del cratere dei laghi di Monticchio, riqualificazione ambientale versante lago piccolo, liquidazione competenze professionali”, Maurizio Bolognetti, Segretario dei Radicali lucani, denunciava alla Procura della repubblica di Potenza l’inquinamento della falda acquifera del fiume Ofanto, appreso da responsabili dell’inceneritore che da tempo tacevano, assieme a enti pubblici di controllo, il danno ambientale. Tra 2000-2002, un’azione chiamata “Rete ecologica”, il cui obiettivo resta la “sostenibilità e la corretta fruizione delle risorse ambientali”, ha incamerato 4 milioni di euro. Oggi, allargando il campo, si scoprono gli impatti degli scavi petroliferi in un Parco ricco di sorgenti (Val D’Agri), i rifiuti da estrazione smaltiti spesso – dichiarava Mariano Cudia, Coordinatore regionale del Corpo forestale della Basilicata – in pozzi abbandonati. Si scopre che esiste il Centro petroli di Viggiano che fa danni peggio dell’Ilva, le bonifiche infinite di Siti di interesse nazionale che restano com’erano nonostante i finanziamenti, la gestione rifiuti che ha collassato di emergenze una regione di appena 600 mila abitanti, l’inquinamento di invasi, fiumi e torrenti (gli ultimi il Pertusillo, il Noce e il Basento con ennesime morie di pesci), le ex discariche che andrebbero bonificate per il pericolo che rappresentano, depuratori che non funzionano. Un lungo elenco di non conformità per gestire, in modo sostenibile, un territorio ricco di biodiversità e strategico per l’acqua.
di Andrea Spartaco in il Resto, novembre 2011

sabato, febbraio 04, 2012

Il comune di Atella dice NO al permesso "San Fele"

Con delibera N° 01 del 19.01.2012, relativamente al permesso di ricerca idrocarburi "San Fele" ricadente nel comune di Atella, la giunta comunale ha espresso la propria contrarietà all'istanza.
Il parere delle amministrazioni comunali non è vincolante, ma di sicuro è uno strumento importante attraverso cui le comunità esprimono la propria in merito a progetti che la interessano direttamente e non.

Sono diverse le amministrazioni comunali che, nel tempo, si stanno opponendo ai progetti di devastazione del nostro territorio, indice di una maggiore sensibilità da parte degli amministratori nei confronti delle tematiche ambientali e di una maggiore capacità "pervasiva" dei cittadini più attenti ed informati e dei movimenti ambientalisti nel denunciare e sensibilizzare su tematiche ecologiche e di sviluppo alternativo.

La posizione dell'amministrazione comunale di Atella è da accogliere positivamente, con la speranza che a questo atto ufficiale seguano azioni mirate ad affrontare nel pratico le altre criticità che interessano la nostra comunità: occupazione, rifiuti e discarica nonchè inceneritore, disagio sociale e giovanile, rilancio di Monticchio...

Alessandro Pietropinto

venerdì, febbraio 03, 2012

Minacce allo stabilimento Fiat di Melfi: “Ti taglio la testa e la metto in piazza”

Ivan lavora allo stabilimento Fiat di Melfi da 15 anni. Rientrato dopo un infortunio è stato relegato in un box per otto ore al giorno. Quando ha chiesto spiegazioni e una postazione dove poter lavorare, è stato affrontato da un suo superiore con miacce gravissime: “Tu hai una particolare attenzione da parte mia, te lo dico adesso, il capo dell’officina sono io. Chi comanda in questo stabilimento su questo turno, è Tartaglia. Tu per me non sei collocabile. Tu ti siedi là e aspetti che io ti dica cosa devi fare. Punto! Però non ti muovere, fuori dalla pause non ti muovere. Se vuoi uscire fuori a denunciarmi come hai detto in giro, vai a denunciarmi, occhio! Ma occhio veramente! Perché qua ci sono delle regole, ma fuori c’è qualcos’altro”. Ivan lo registra, quello che ascolta è troppo assurdo, nessuno gli crederebbe in mancanza di una prova.


L’operaio racconta: “Ha cominciato a minacciarmi di morte dicendomi che mi tagliava la testa e la metteva in piazza, che se io mi fossi avvicinato a casa sua – e nemmeno so dove abita – che mi avrebbe bruciato vivo“.

“Occhio perché io ti stacco la testa, te la metto nella piazza, te la stacco eh! Non è una minaccia, io ti avviso, informati di quale famiglia sono io! Ti consiglio di informarti perché non faccio minacce se non posso mantenerle. Capito? Se ti vedo girare intorno a casa io ti incendio”. E ancora: “Fai tu, fai tu, tu ti attieni qui dentro a disposizioni aziendali che ti do io, né il responsabile, né il sindacato, né nessun altro”. A questo punto il giornalista di Servizio pubblico Claudio Pappaianni chiama Francesco Tartaglia, gestore operativo Sata Melfi che però nega tutto: “Queste non sono le parole che uso io, quindi non so chi gliele abbia dette, non so che registrazione possa fare questa persona. Potrebbe andare benissimo dai carabinieri così mi denuncia: se io ho detto quelle cose, ne rispondo. Se non le ho dette, risponde lui di calunnia”.

“Mi sto solo lamentando perché non ho ancora una postazione”, prova a ribattere Ivan a Tartaglia che però risponde spiegando il motivo di tanto odio: “Tu non hai una postazione perché sei un uomo di merda, perché ti avevo dato una postazione da mongoloide e ti sei fatto un infortunio. Se hai un po’ di dignità, vergognati da solo, tanto a me non mi fai nessun effetto”. A me gente come te, mi fa schifo”

Tratto da Il Fatto Quotidiano