altratella.it, che fare?

Abbiamo lanciato l'hashtag #altratellachefare? per decidere insieme cosa può essere domani questo (non-) luogo e spazio. PARTECIPA ANCHE TU! Leggi tutto

La discarica di Atella nel disastro rifiuti lucano

Un'interessantissima video-inchiesta sui rifiuti e il loro smaltimento, analizzando la questione e i suoi sviluppi nell'area del Vulture. E in quest'area ricade anche la discarica di Atella di località Cafaro, discarica che rientra a pieno titolo nell'enorme business legato allo smaltimento dei rifiuti. Leggi tutto

AAA acque minerali lucane in svendita

Nell'anno 2012 la regione Basilicata ha introitato la ridicola cifra di 323.464 euro dai canoni per l'imbottigliamento delle acque minerali, se si applicasse un canone equo (come suggerito dagli autori della ricerca) di 10 euro/mc la nostra regione incasserebbe 9,2 milioni di euro. Leggi tutto

Il tuo voto ad un uomo così

"Amico mio, chissà quante volte tu hai dato il tuo voto, ad un uomo poli­tico così, cioè corrotto, ignorante e stupido, sol perché una volta insedia­to al posto di potere egli ti poteva ga­rantire una raccomandazione, la pro­mozione ad un concorso, l’assunzione di un tuo parente, una licenza edilizia di sgarro.
Così facendo tu e milioni di altri cittadini italiani avete riempito i par­lamenti e le assemblee regionali e co­munali degli uomini peggiori, spiri­tualmente più laidi, più disponibili alla truffa civile, più dannosi alla so­cietà.
Di tutto quello che accade oggi in questa nazione, la prima e maggiore colpa è tua".

Giuseppe Fava detto Pippo (1925 - 1984)

martedì, maggio 27, 2008

Riaccendiamo la passione

Tesserati a Rifondazione Comunista e costruiamo insieme, attraverso alternative percorribili, il nostro futuro in un paese, in un mondo più solidale, più giusto e in pace...

Per farlo o avere semplicemente informazioni contattaci all'indirizzo mail: altratella@gmail.com oppure telefona allo 3408265645 o infine, raggiungici nella sezione della Sinistra atellana in Piazza Gramsci ogni sabato alle 18:00.
Ti aspettiamo.

domenica, maggio 25, 2008

Mi vergogno di essere italiano e cristiano

Padre Alex Zanotelli
E' agghiacciante quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi in questo nostro paese.I campi Rom di Ponticelli (Na) in fiamme, il nuovo pacchetto di sicurezza del ministro Maroni, il montante razzismo e la pervasiva xenofobia, la caccia al diverso, la fobia della sicurezza, la nascita delle ronde notturne offrono una agghiacciante fotografia dell'Italia 2008.«Mi vergogno di essere italiano e cristiano», fu la mia reazione rientrato in Italia da Korogocho, all'approvazione della legge Bossi-Fini (2002). Questi sei anni hanno visto un notevole peggioramento del razzismo e xenofobia nella società italiana, cavalcata dalla Lega (la vera vincitrice delle elezioni 2008) e incarnata oggi nel governo Berlusconi (posso dire questo perché sono stato altrettanto duro con il governo Prodi e con i sindaci di sinistra da Cofferati a Dominici...). Oggi doppiamente mi vergogno di essere italiano e cristiano.Mi vergogno di appartenere ad una società sempre più razzista verso l'altro, il diverso, la gente di colore e soprattutto il musulmano che è diventato oggi il nemico per eccellenza.Mi vergogno di appartenere ad un paese il cui governo ha varato un pacchetto-sicurezza dove essere clandestino è uguale a criminale. Ritengo che non è un crimine migrare, ma che invece criminale è un sistema economico-finanziario mondiale (l'11% della popolazione mondiale consuma l'88% delle risorse) che forza la gente a fuggire dalla propria terra per sopravvivere.L'Onu prevede che entro il 2050 avremo per i cambiamenti climatici un miliardo di rifugiati climatici. I ricchi inquinano, i poveri pagano. Dove andranno? Stiamo criminalizzando i poveri?Mi vergogno di appartenere ad un paese che ha assoluto bisogno degli immigrati per funzionare, ma poi li rifiuta, li emargina, li umilia con un linguaggio leghista da far inorridire.Mi vergogno di appartenere ad un paese che dà la caccia ai Rom come se fossero la feccia della società. Questa è la strada che ci porta dritti all'Olocausto (ricordiamoci che molti dei cremati nei lager nazisti erano Rom!). Noi abbiamo fatto dei Rom il nuovo capro espiatorio.Mi vergogno di appartenere ad un popolo che non si ricorda che è stato fino a ieri un popolo di migranti («quando gli albanesi eravamo noi»): si tratta di oltre sessanta milioni di italiani che vivono oggi all'estero. I nostri migranti sono stati trattati male un po' ovunque e hanno dovuto lottare per i loro diritti. Perché ora trattiamo allo stesso modo gli immigrati in mezzo a noi?Cos'è che ci ha fatto perdere la memoria in tempi così brevi? Il benessere?Come possiamo criminalizzare il clandestino in mezzo a noi? Come possiamo accettare che migliaia di persone muoiano nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per arrivare nel nostro "Paradiso"? E' la nuova tratta degli schiavi che lascia una lunga scia di cadaveri dal cuore dell'Africa all'Europa.Mi vergogno di appartenere ad un paese che si dice cristiano ma che di cristiano ha ben poco. I cristiani sono i seguaci di quel povero Gesù di Nazareth crocifisso fuori le mura e che si è identificato con gli affamati, carcerati, stranieri. «Quello che avrete fatto ad uno di questi miei fratelli più piccoli lo avrete fatto a me».Come possiamo dirci cristiani mentre dalla nostra bocca escono parole di odio e disprezzo verso gli immigrati e i Rom? Come possiamo gloriarci di fare le adozioni a distanza mentre ci rifiutiamo di fare le "adozioni da vicino"?Come è possibile avere comunità cristiane che non si ribellano contro queste tendenze razziste e xenofobe? E quand'è che i pastori prenderanno posizione forte contro tutto questo, proprio perché tendenze necrofile?Come missionario, che da una vita si è impegnato a fianco degli impoveriti della terra, oggi che opero su Napoli, sento che devo schierarmi dalla parte degli emarginati, degli immigrati, dei Rom contro ogni tendenza razzista della società e del nostro governo.Rimanere in silenzio oggi vuol dire essere responsabili dei disastri di domani.Vorrei ricordare le parole del pastore Martin Niemoeller della Chiesa confessante sotto Hitler:«Quando le SS sono venute ad arrestare i sindacalisti, non ho protestato perché non ero un sindacalista. Quando sono venute ad arrestare i Rom non ho protestato perché non ero un Rom.Quando sono venute ad arrestare gli Ebrei non ho protestato perché non ero un Ebreo… Quando alla fine sono venute ad arrestare me non c'era più nessuno a protestare».Non possiamo stare zitti, dobbiamo parlare,gridare, urlare. E' in ballo il futuro del nostro paese, ma soprattutto è in ballo il futuro dell'umanità anzi della vita stessa.
Diamoci da fare perché vinca la vita!

mercoledì, maggio 21, 2008

La chiamavano Lucania Felix.

Ma c’è ben poco di cui essere felici nella Basilicata che Carlo Vulpio, giornalista del Corriere, racconta nel libro ‘Roba Nostra‘ (ilSaggiatore).
Superato il metodo della tangente, le nuove galline dalle uova d’oro sono i finanziamenti pubblici, meglio se europei. Nascono delle società, viene presentato un progetto che rilancerà l’economia locale, si promettono nuovi posti di lavoro. Si incassano i fondi, si arricchiscono i soliti noti, e se qualcuno si lamenta o addirittura indaga, viene minacciato, delegittimato, allontanato. E’ questa, a grandi linee, la storia di Luigi de Magistris. Centinaia di milioni di euro che una sorta di nuova massoneria, un’associazione a delinquere composta da politici, imprenditori, ma anche da magistrati e rappresentanti delle forze dell’ordine, fa sparire a scapito di uno sviluppo che non arriverà mai.
La trama è fittissima, la copertura quasi totale. Quando le indagini dei carabinieri coinvolgono alcuni magistrati, la procura manda la polizia a sequestrare le carte. A Policoro c’è mancato davvero poco che non si aprisse il fuoco, tra polizia e carabinieri. Se un giornalista fa il suo mestiere, lo pedineranno, lo intercetteranno e lo perquisiranno accusandolo di ‘associazione a delinquere finalizzata alla diffamazione a mezzo stampa’.
Quando politici, imprenditori e magistrati hanno comuni interessi economici, quando diventano soci, la cosa pubblica non può che diventare la loro terra di Bengodi.
Di fronte all’avidità di certi personaggi, pronti ad indossare qualunque casacca, le ideologie, il bipolarismo, le strategie di partito non hanno più senso. Bisogna ripartire dalla distinzione tra buoni e cattivi, tra comportamenti giusti e comportamenti deprecabili. Il resto è sovrastruttura, trastullo per anime belle.
Da leggere!

P.S. QUI trovate la presentazione del libro al salone di Torino. Con l’autore intervengono, tra gli altri, Antonio Ingroia e Clementina Forleo

sabato, maggio 17, 2008

«In un paese di smemorati i fatti diventano sovversivi»

Marco Travaglio giornalista e opinionista per "Anno Zero"
Tra una trasmissione e una rubrica. Una telefonata per l'ultima polemica e la presentazione dell'ultimo libro. Infermabile Travaglio. Scatenato. Però, sereno. Un po' incazzato, semmai. Ma ormai gliel'hanno dipinta addosso e vorremmo scoprire se è così. Per prima cosa, però, la solidarietà non scontata di Liberazione al giornalista diventato pericolo pubblico numero uno dell'informazione. La Rai si riserva di chiedergli i danni per quel che ha detto da ospite a "Che tempo che fa", lo vogliono querelare (a parole) alte cariche istituzionali e, per finire, una firma di punta del secondo quotidiano del paese - vai a fidarti dei colleghi - scava nelle sue vacanze familiari in compagnia o meno di un maresciallo antimafia, poi condannato per favoreggiamento della mafia. Morale: il tuo giornalismo è sbagliato e fa danni perché sensazionale e fuori contesto. E tu sei come quelli contro cui ti scagli. Ovvero come il presidente del Senato Renato Schifani che Travaglio ha ricordato da Fazio fu socio nel lontano 1979 di Nino Mandalà, un decennio dopo identificato come il boss di Villabate che nascondeva Provenzano. Brutta aria. E quindi la prima domanda è solidale.
"I fatti sono la cosa più testarda del mondo", diceva Bulgakov, invece sembra che ci siano "venticelli" più coriacei. Ma tu cosa ti rimproveri?Nulla. Sono abituato a verificare i fatti e quando scopro che sono veri li racconto. E le cose che ho detto su Schifani sono risapute. Le hanno scritte Lirio Abbate, Peter Gomez, Marco Lillo. E Schifani ha già perso una querela sull'argomento perchè i fatti sono veri. Punto e finito. L'altroieri a Firenze c'era un'udienza sulla cosca di Villabate e quindi contro Mandalà. Secondo le dichiarazioni del pentito Campanella il piano regolatore del paese fu concordato nello studio di La Loggia anche con Schifani. Lo disse un anno fa, i magistrati indagano, è materia processuale e vedremo. Ognuno può eleggere chi gli pare al Senato e l'opposizione può decidere di applaudire chi vuole. La politica fa il suo mestiere, ma i giornalisti fanno il loro. E dovrebbero raccontare i fatti.
Berlusconi promette pacificazione «dopo una guerra ventennale», proprio sulla Rai, a chi di fatto gli ha già reso le armi. Repubblica ti attacca. Il clima è cambiato?Repubblica è un grande giornale che mi ha assunto nel 1998 grazie a quella squisita persona che è Ezio Mauro. So distinguere le persone, non sono un qualunquista. L'attacco di D'Avanzo non è quello di Repubblica . Mi hanno fatto scrivere su Mangano poche settimane fa. Ho un rubrica su Repubblica.it e una sulle pagine torinesi. D'Avanzo mi critica come giornalista? Finché è critica non mi impressiona, si danno e si prendono. Quello che non posso consentire è che D'Avanzo usi una falsità, ammettendola lui stesso, e la paragoni a una cosa invece vera che io dico. Inaccettabile usare una falsità. Mi sento infangato e diffamato. Non ho avuto relazioni con mafiosi né prima né dopo che venissero condannati. Questa è la differenza tra me e Schifani.

Quereli?Certo, ci mancherebbe altro. Mia moglie ha trovato le foto delle sue vacanze sui giornali, affiancate a ricostruzioni false... Pubblicassero le foto dei supermercati di Villabate costruiti per volere della mafia o degli ex-soci dell'attuale presidente del Senato in manette.

Chi è Pippo Ciurro?Era un sottoufficiale della Guardia di Finanza, uno degli uomini di punta della procura antimafia a Palermo, aveva fatto in tempo a lavorare con Falcone, aveva seguito le inchieste Dell'Utri e poi è stato beccato a passare notizie sulle indagini all'imprenditore sanitario Aiello (condannato a 14 anni per mafia, N.d.R.) ed è stato condannato per favoreggiamento (a quattro anni e sei mesi, nello stesso processo detto delle "talpe" e per la stessa imputazione Cuffaro è stato condannato a cinque anni, N.d.R.). Ciurro non era una mia fonte, non ho mai avuto una notizia riservata da lui. Lo conoscevo perché era dell'ambiente. Gli ho chiesto consiglio su dove andare in vacanza. Ma in vacanza ci sono andato per i cazzi miei, non con lui....

Praticamente hai litigato con tutti i politici, manca solo Di Pietro, che hai invitato a votare nelle ultime due elezioni, vuoi rimediare su queste colonne?Veramente l'anno scorso l'ho invitato a scusarsi per la cazzata che aveva detto sulla commissione parlamentare sul G8 e per il Ponte sullo Stretto. Sul G8 voleva che l'inchiesta istituzionale fosse fatta anche sui Black Block. Demenziale. Le commissioni parlamentari forse in Italia non hanno senso ma il Parlamento se indaga lo fa sulle deviazioni delle istituzioni e della polizia, non sui Black Block. A quello ci pensano i magistrati. Il giorno dopo, a suo onore ammise pubblicamente di aver detto una cazzata. Penso che sia così che si fa. Un partito che mi piace non l'ho mai trovato. E con quello che ho visto in questi tre giorni, con il Pd che applaude Schifani e Anna Finocchiaro che lo abbraccia, sono contento di aver votato Idv, almeno si fanno sentire.

Hai scritto e detto "meglio Fanfani di questi qua", ma Ciancimino era dei suoi, così come il giovane Lima prima di passare armi e bagagli ad Andreotti. O no?Parlavo di statura politica, non di frequentazioni mafiose. Fanfani aveva almeno una cultura e un curriculum. Nessuna nostalgia per la prima repubblica. Mai. Ma all'epoca c'erano i primi attori, ora le ballerine e i portaborse. Se parliamo di statura morale, invece, parliamo di De Gasperi, Einaudi, Berlinguer.

Querele ne hai prese tante. Sempre vinte?Quelle penali, un paio di centinaia a occhio e croce, tutte vinte. Quelle civili, anche perse. Ho perso nel 1995 con Previti perché lo descrivevo come uno dei frequentatori di Craxi negli anni anni '80 che finirà poi nei tribunali. Era indagato per concussione a Brescia, lo scrivemmo in tanti e fummo tutti querelati, persi solo io perché l'Indipendente stava fallendo, l'avvocato non si presentò e la sentenza dice che non abbiamo dimostrato l'iscrizione nel registro degli indagati. Che c'era. Ho dato 40 milioni di lire a Previti. E la cosa più bruciante è a Previti.

La battuta della muffa e dei lombrichi su Schifani, però, è davvero di cattivo gusto. Spiacevole. Non ti fai condizionare troppo dal clima tv? Dalla baruffa?Per fare una battuta o un paradosso mi taglierei le mani. Lo ammetto. Ma chiedo: l'italia è sempre stata così? Guardiamo la lista dei presidenti del Senato, da Gronchi, che era terribile, all'evoluzione della specie: De Nicola, Merzagora, Fanfani, Spadolini... Schifani. Mi preoccupa chi sarà il prossimo. Potrei dirlo anche del capogruppo degli ex-comunisti al Senato: c'era Pajetta e ora c'è Finocchiaro. Giganti e nani.
Va beh, ma il lombrico...Schifani è quello che ha promosso un disegno di legge per togliere il diritto di voto ai senatori, è quello dell'omonimo lodo (la non procedibilità e la sospensione dei processi in corso per le cinque più alte cariche dello Stato, N.d.A.), una legge che la Corte Costituzionale ha incenerito. Il Presidente del Senato è lui. E anche senza essere stato socio in passato di Mandalà sarebbe indegno. La battuta del lombrico io non l'ho fatta su di lui, ma sul prossimo. Se siamo scesi così in basso, chi verrà dopo? Spero sia l'ultimo gradino possibile della politica.

Il tono però. Il paragone. Offensivo. Non rischi così che vengano meno i fatti che vuoi raccontare?Guarda che io non ho mai toni forsennati. A "Che tempo che fa" ero tranquillissmo, ad "Anno Zero" mi sono fatto insultare senza mai rispondere a tono. Non ho mai alzato la voce in vita mia, sono le cose che dico che sono forti, la realtà lo impone succedono cose stupefacenti. Leggete il Guardian sul caso Fazio e mio, raccontano di un artista del sevizio pubblico radiotelevisivo costretto a scusarsi come nella rivoluzione culturale cinese. Lo scrivono loro. E poi quali regole ho violato? Di cosa parlano? Di quali codici etici? Mi dimostrino che quello che ho detto non è vero.

Lo rifaresti?Mille volte. La stessa domanda, la stessa risposta. Se una cosa è vera e interessante, la dico. Ma guardassero piuttosto le interviste scendiletto dei tg Rai; prima domanda: "presidente Schifani come si fa a favorire il dialogo?"; seconda domanda: "anche la sinistra l'ha difesa, cosa ne pensa?". Si scusino per questo. Se la tv è un posto dove non si può dire la verità, lo scrivano nero su bianco.

La cosa che ci divide di più è il tintinnar di manette che sentiamo in gran parte delle tue invettive sulla giustizia che non punisce, che non incarcera. Eri contro l'indulto, ad esempio, noi a favore. Non è che a furia di chiedere repressione, poi la repressione arriva sui rom?Ci sono molti delinquenti in libertà e un sistema repressivo inefficiente perchè a furia di fare leggi per mandare in vacca i reati dei colletti bianchi è stato sfasciato tutto il sistema. E alla fine: i furbetti salvati e i ladri di polli crocefissi. Le conseguenze della percezione dell'ingiustizia la pagheranno i più deboli. Sarebbe bastato un mini-indulto più selettivo e la depenalizzazione di alcuni reati per i deboli. Non sono un forcaiolo, voglio solo che chi sbaglia paghi, in proporzione al danno fatto e i banchieri dovrebbero andare in galere come e più dei ladri di polli. Un centrosinistra degno di questo nome avrebbe dovuto spiegare che se a Roma gli stupratori la fanno franca è per la Cirielli che è stata fatta ad hoc per Previti.

Curiosità. Il tuo maestro Montanelli diceva che la tua "arma" era l'archivio e che pure lui ne era inquietato («chissà che ci sia un dossier pure su di me»)...Ma guarda che il mio archivio altro non è che tagli e ritagli di giornale che metto da parte per scovare contraddizioni dei politici. E poi sentenze, provvedimenti istituzionali... Cose pubbliche e per di più verificabili. Mai una porcheria su vita privata o altro che non sia il fatto. E in un paese di smemorati, forse questo è davvero sovversivo.
Tratto da Liberazione

martedì, maggio 13, 2008

Il giudice alla Fiat Sata: «Quell'operaio va reintegrato»

L'ordinanza del tribunale di Melfi dà ragione a Passannante, licenziato per un avviso di garanzia
«Eccessiva». Una parola, un giudizio che conferma quanto Michele Passannante, i suoi legali e la Fiom lucana hanno sempre pensato. L'ordinanza del tribunale di Melfi - emessa il 7 maggio scorso, a disposizione dei legali da ieri - mette una parola chiara su una vicenda iniziata a ottobre del 2007, quando la Fiat Sata di Melfi ha licenziato l'operaio, sindacalista e allora segretario del Prc di Vietri Passannante perchè interessato da un avviso di garanzia per associazione eversiva con finalità terroristiche. «Eccessiva», scrive ora il magistrato Antonio Riccio, per dire che la misura decisa dall'azienda è fuori luogo in quanto «se da un lato non può disconoscersi la gravità dei fatti» al centro dell'inchiesta giudiziaria, dall'altro «non si può ignorare che si tratta di fatti per i quali è semplicemente in corso un'indagine penale». Nessuna «misura restrittiva della libertà personale» è stata emessa a carico del lavoratore, nota il giudice, nè ne è stato disposto un «rinvio a giudizio». Le indagini, continua, si trovano in «una fase ancora iniziale» e «non hanno tuttora comportato l'acquisizione di concreti elementi di colpevolezza». Piuttosto che il licenziamento in tronco, sarebbe stata più appropriata una «sospensione cautelare dal servizio». Ora, conclude il giudice, Passannante va reintegrato «immediatamente», ha diritto alle retribuzioni arretrate e al pagamento delle spese legali. Uno a zero per l'operaio. Quella di Passannante - 35 anni, assunto in Sata dal '97, attivista sindacale nello Slai Cobas da subito, di recente eletto come rsu - è finora la prima vittoria tra casi simili di licenziamento avvenuti per via della stessa inchiesta nello stabilimento lucano della Fiat. Si tratta dell'inchiesta su presunte attività eversive che, nell'autunno scorso, ha coinvolto 25 operai metalmeccanici da Milano a Palermo, da Roma a Ravenna. «Siamo soddisfatti», dice Lina Grosso, legale della Fiom di Potenza che ha curato il caso. «Siamo contenti di trovare conferma di ciò che abbiamo sempre pensato», sottolinea Emanuele De Nicola della segreteria regionale della Fiom. «La vicenda di Passannante è emblematica: l'azienda ha agito senza aspettare la sentenza definitiva della magistratura. C'è un tentativo di screditare le lotte operaie con ingiusti collegamenti al terrorismo». E c'è un filo che lega la vicenda con il caso di Maria Sciancati, la segretaria della Fiom di Milano sospesa dalla Cgil perchè un anno fa permise ad un ex delegato coinvolto nell'inchiesta sulle "Nuove Br" (poi prosciolto) di parlare in assemblea. «Siamo solidali con lei - dice De Nicola - Anche qui lo stato dei rapporti tra Fiom e Cgil locali non è dei migliori. Mesi fa, abbiamo sfiduciato il segretario regionale della Cgil Pepe per diversità di vedute sul welfare e non solo...». Passannante, che non appena ricevuto l'avviso di garanzia si autosospese sia dal sindacato che da segretario del Prc, non sta in sè dalla gioia. «Avevo fiducia nella magistratura, ma questi mesi di attesa mi hanno sfiancato: non ci speravo più...». L'avevamo intervistato alla fine di marzo su Liberazione e già da allora attendeva l'esito del ricorso. «Ora bisognerà vedere cosa deciderà l'azienda, visto che nel contenzioso ha proposto di pagarmi cinque anni di anni di mensilità pur di non reintegrarmi...». Una madre di oltre 70 anni (di fatto) a carico, spese di salute da mettere nel conto (come evidenzia la stessa ordinanza di Riccio), ora Passannante può giocare con maggiore ottimismo sulla omonimia (e parentela alla lontana) che lo lega all'anarchico lucano Giovanni Passannante, che attentò alla vita di Umberto I alla fine dell'800 e fu torturato a morte, il suo cervello esposto al museo criminologico di Roma, sepolto solo l'anno scorso dopo una lunga campagna. «Io però non ho nulla a mio carico», ripete l'operaio, raccontando della perquisizione domiciliare subita a ottobre che portò al sequestro di qualche volantino e lo statuto dei Cobas, nulla di più. «Abbiamo sempre creduto nella battaglia in sua difesa - dice Paolo Pesacane, segretario del Prc di Potenza - siamo anche riusciti ad approvare un ordine del giorno di solidarietà in consiglio provinciale, ma a fatica: non c'è più quel clima di solidarietà generale che si respirò intorno agli operai della Sata nel 2004, con lo sciopero dei 21 giorni...».

Tratto da Liberazione

sabato, maggio 10, 2008

Peppino Impastato, un eroe diverso

In un paese in cui soltanto un mese c'era chi ricordava il boss Mangano come esempio di forza morale e onore, il 9 maggio non è soltanto il tragico giorno della morte del presidente democristiano Aldo Moro, ma anche quello di un ragazzo che ha sacrificato la sua vita combattendo la mafia con coraggio inaudito. E che non deve essere dimenticato

Non solo Aldo Moro, purtroppo, deve essere ricordato in questo infausto 9 maggio. Nella stessa data, trent'anni fa, oltre al corpo senza vita del presidente democristiano venne ritrovato anche quello di Giuseppe Peppino Impastato, nato a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa.

Oltre il padre Luigi, inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti di Peppino avevano legami strettissimi con la criminalità organizzata, come il cognato del padre, il capomafia Cesare Manzella, ucciso in un attentato al tritolo nel 1963. Anche per questo Peppino, poco più che ragazzo, rompe con il padre che lo caccia di casa, per iniziare il suo incessante impegno politico e culturale contro la mafia.

Non ancora maggiorenne (1965), fonda un piccolo giornale dal titolo "L'Idea socialista" (aderendo al Psiup), per poi partecipare tre anni dopo (1968) alle attività dirigenziali dei gruppi di Nuova Sinistra. Si occupa delle lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, e della condizione occupazionale di categorie come gli edili, oltre che dei disoccupati.

Alla metà degli anni Settanta (1975) costituisce il gruppo "Musica e cultura", e nell'anno successivo (1976) fonda "Radio Aut", una delle prime espressioni compiute nel periodo delle cosiddette radio libere (favorito da un vuoto legislativo nell'ordinamento delle frequenze private), che ebbe in Radio Alice a Bologna la sua esperienza più riconosciuta, insieme a Radio Città Futura a Roma e Radio Sherwood a Padova.
Dalle frequenze di "Radio Aut" Impastato denuncia quotidianamente i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, soprattutto quelli del capomafia Gaetano Badalamenti, che all'epoca aveva un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Tra i più famosi programmi della radio c'era "Onda pazza", trasmissione satirica nella quale il conduttore e i vari interventi sbeffeggiavano puntualmente mafiosi e politici, che spesso erano la stessa persona.

Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali; nella notte tra l'8 e il 9 maggio di quell'anno, nel corso della campagna elettorale, Giuseppe Impastato viene trucidato con una carica di tritolo posta sotto il corpo, adagiato sui binari della ferrovia.
Malgrado la sua tragica scomparsa, gli elettori di Cinisi votano comunque il suo nome, eleggendolo in Consiglio comunale. Subito istituzioni e organi di informazione parlano di "atto terroristico", nella preparazione del quale l'attentatore sarebbe rimasto vittima; in seguito, dopo la "scoperta" di una lettera scritta molti mesi prima, la pista da battere diventa quella del suicidio.

In questi anni, grazie soprattutto all'attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta (morta nel dicembre 2004), che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, e insieme ad alcuni compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione di Palermo (dal 1980 intitolato a Giuseppe Impastato), viene individuata la matrice mafiosa del delitto, e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l'inchiesta giudiziaria. La parte "buona" della famiglia Impastato è stata sino a pochi mesi fa ancora oggetto di pesanti intimidazioni da parte delle cosche mafiose, ultima delle quali il fuoco appicciato alla porta della loro casa, situata a quei famosi "cento passi" da quella della famiglia Badalamenti, come ha magistralmente immortalato il film biografico di Marco Tullio Giordana.

Sulla natura delle indagini avviate, bisogna ricordare che sei anni dopo la morte di Impastato, nel maggio del 1984, l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni dell'allora Consigliere Istruttore Rocco Chinnici, primo animatore del pool antimafia assassinato nel luglio del 1983, emise una sentenza firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, nella quale si riconosce la matrice mafiosa del delitto, seppur attribuito a ignoti.


Tra le tante pubblicazioni, ci sono due libri che in particolare che possono ricostruire gli eventi della vita e la morte di Impastato. Uno è il volume dal titolo "La mafia in casa mia", scritto dalla mamma di Giuseppe; l'altro è il dossier "Notissimi ignoti", dove viene indicato quale mandante del delitto il boss Gaetano Badalamenti, nel frattempo condannato a 45 anni di reclusione per traffico di droga dalla Corte di New York, nel corso del processo alla "Pizza Connection". In un passaggio de "La mafia in casa mia" si può leggere del viaggio negli Stati Uniti del padre Luigi Impastato, dopo un incontro con lo stesso Badalamenti, in seguito alla diffusione di un volantino particolarmente duro di Peppino. Durante il viaggio Luigi dice a una parente: "Prima di uccidere Peppino devono uccidere me". Luigi morirà nel settembre del 1977 in un incidente stradale, pochi mesi dopo toccherà al figlio.

Il 5 marzo del 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto il mafioso Vito Palazzolo colpevole dell'omicidio di Giuseppe Impastato, condannandolo a 30 anni di reclusione; l'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo.

Ora anche Badalamenti e Palazzolo sono morti: la memoria di Giusppe Impastato continua a vivere in molti cuori.

Tratto da Aprileonline.info

Di seguito un video di Piero Ricca con "un'intervista" a Giulio Andreotti, democristiano e senatore a vita.Il nostro divo Giulio ha molto a che vedere con la mafia in quanto i giudici hanno accertato la sua collusione con la mafia: il reato è stato commesso ma prescritto!!

giovedì, maggio 08, 2008

La giunta comunale di Atella

Nominata la nuova giunta comunale di Atella, il sindaco Roberto Telesca ha scelto:

-PETRINO Canio, nato a Potenza il 24/07/1970 VICE SINDACO al quale Delega, inoltre, i seguenti servizi: URBANISTICA - TERRITORIO - RICOSTRUZIONE.

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TELESCA Gerardo, nato a Potenza il 24/04/1956 al quale Delega i seguenti servizi: TURISMO - SERVIZI - POLITICHE SOCIALI.

-LOVITO Gerardo, nato ad Atella il 03/03/1969 al quale Delega i seguenti servizi: ATTIVITA' PRODUTTIVE - AGRICOLTURA E FINANZE. Sito web

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CIANI Salvatore, nato a Melfi il 19/09/1958 al quale Delega i seguenti servizi: LAVORI PUBBLICI - SPORT.

Il circolo della Sinistra atellano augura buon lavoro alla giunta, ai consiglieri comunali tutti e alla nostra consigliera Francesca Ruggiero va un particolare in bocca al lupo.

martedì, maggio 06, 2008

CON I FASCISTI CITTA’ SICURE DA MORIRE.

Le città che hanno bisogno di maggior sicurezza ora possono contare su ronde di guardie padane o su bande di picchiatori neofascisti per mettere in riga omosessuali, migranti, ragazzi e ragazze dei centri sociali, ma anche persone ʻnormaliʼ che mettono a repentaglio il decoro della città o che come Nicola semplicemente si rifiutano di offrire una sigaretta ai loro aggressori.
A Verona, è così che un gruppo di naziskin ha ucciso per futili motivi un giovane in pieno centro. Naziskin di buona famiglia, ragazzi per bene in un nord-est produttivo e ordinato, in unʼItalia che si riscopre fascista.
Questo è uno dei prodotti del clima di odio, violenza, xenofobia che si è instaurato in questi anni, non solo in Veneto ma in tutte le città italiane grazie alla Lega, a Forza Nuova, a Fiamma Tricolore alle coperture del PDL e al silenzio del PD. Migliaia di aggressioni, numerosi casi di accoltellamenti, incendi a sedi di partito, agguati fuori da centri sociali, svariati omicidi come
quello di Dax a Milano o di Renato Biagetti a Roma.
Probabilmente e' questa l'idea di sicurezza che vogliono applicare e legalizzare in questo paese le destre al governo se Gianfranco Fini riesce a dichiarare, irrispetoso della vita spezzata di Nicola, che è più grave bruciare una bandiera in piazza che uccidere di botte un ragazzo di 29 anni.

Presidieremo le città e gli spazi di democrazia e partecipazione per difenderli da questi attacchi. Perché quello che è successo ci dice di quanto sia urgente costruire l'opposizione a Berlusconi. Saremo antifascisti e antifasciste per liberare questo paese dalla violenza della destra.

lunedì, maggio 05, 2008

La lotta di classe?C'è e come!

Il declino globale degli stipendi in busta 5mila euro in meno l'anno
Secondo uno studio della Bri è sempre più alta la quota di Pil che va ai profitti. Dagli anni Ottanta ad oggi salari schiacciati
La lotta di classe? C'è stata e l'hanno stravinta i capitalisti. In Italia e negli altri Paesi industrializzati, gli ultimi 25 anni hanno visto la quota dei profitti sulla ricchezza nazionale salire a razzo, amputando quella dei salari, e arrivare a livelli impensabili ("insoliti", preferiscono dire gli economisti). Secondo un recente studio pubblicato dalla Bri, la Banca dei regolamenti internazionali, nel 1983, all'apogeo della Prima Repubblica, la quota del prodotto interno lordo italiano, intascata alla voce profitti, era pari al 23,12 per cento. Di converso, quella destinata ai lavoratori superava i tre quarti. Più o meno, la stessa situazione del 1960, prima del "miracolo economico". L'allargamento della fetta del capitale comincia subito dopo, nel 1985. Ma per il vero salto bisogna aspettare la metà degli anni '90: i profitti mangiano il 29 per cento della torta nel 1994, oltre il 31 per cento nel 1995. E la fetta dei padroni, grandi e piccoli, non si restringe più: raggiunge un massimo del 32,7 per cento nel 2001 e, nel 2005 era al 31,34 per cento del Pil, quasi un terzo. Ai lavoratori, quell'anno, è rimasto in tasca poco più del 68 per cento della ricchezza nazionale. Otto punti in meno, rispetto al 76 per cento di vent'anni prima. Una cifra enorme, uno scivolamento tettonico. Per capirci, l'8 per cento del Pil di oggi è uguale a 120 miliardi di euro. Se i rapporti di forza fra capitale e lavoro fossero ancora quelli di vent'anni fa, quei soldi sarebbero nelle tasche dei lavoratori, invece che dei capitalisti. Per i 23 milioni di lavoratori italiani, vorrebbero dire 5 mila 200 euro, in più, in media, all'anno, se consideriamo anche gli autonomi (professionisti, commercianti, artigiani) che, in realtà, stanno un po' di qui, un po' di là. Se consideriamo solo i 17 milioni di dipendenti, vuol dire 7 mila euro tonde in più, in busta paga. Altro che il taglio delle aliquote Irpef.
Non è, però, un caso Italia. Il fenomeno investe l'intero mondo sviluppato. In Francia, rileva sempre lo studio della Bri, la fetta dei profitti sulla ricchezza nazionale è passata dal 24 per cento del 1983 al 33 per cento del 2005. Quote identiche per il Giappone. In Spagna dal 27 al 38 per cento. Anche nei paesi anglosassoni, dove il capitale è sempre stato ben remunerato, la quota dei profitti è a record storici. Dice Olivier Blanchard, economista al Mit, che i lavoratori hanno, di fatto, perduto quanto avevano guadagnato nel dopoguerra. Forse, bisogna andare anche più indietro, al capitalismo selvaggio del primo '900: come allora, in fondo, succede poi che il capitalismo troppo grasso di un secolo dopo arriva agli eccessi esplosi con la crisi finanziaria di questi mesi. Ma gli effetti sono, forse, destinati ad essere più profondi. C'è infatti questo smottamento nella redistribuzione delle risorse in Occidente dietro i colpi che sta perdendo la globalizzazione e il risorgere di tendenze protezionistiche: da Barack Obama e Hillary Clinton, fino a Nicolas Sarkozy e Giulio Tremonti. Sostiene, infatti, Stephen Roach, ex capo economista di una grande banca d'investimenti come Morgan Stanley, che la globalizzazione si sta rivelando come un gioco in cui non è vero che vincono tutti. Secondo la teoria dei vantaggi comparati di Ricardo, la globalizzazione doveva avvantaggiare i paesi emergenti e i loro lavoratori, grazie al boom delle loro esportazioni. E quelli dei paesi industrializzati, grazie all'importazione di prodotti a basso costo e alla produzione di prodotti più sofisticati. "E' una grande teoria - dice Roach - ma non funziona come previsto". Ai lavoratori cinesi è andata bene, ma quelli americani ed europei non hanno mai guadagnato così poco, rispetto alla ricchezza nazionale. Sono i capitalisti dei paesi sviluppati che fanno profitti record: pesa l'ingresso nell'economia mondiale di un miliardo e mezzo di lavoratori dei paesi emergenti, che ha quadruplicato la forza lavoro a disposizione del capitalismo globale, multinazionali in testa, riducendo il potere contrattuale dei lavoratori dei paesi sviluppati. Quanto basta per dirottare verso le casse delle aziende i benefici dei cospicui aumenti di produttività, realizzati in questi anni, lasciandone ai lavoratori le briciole. Inevitabile, secondo Roach, che tutto questo comporti una spinta protezionistica nell'opinione pubblica, a cui i politici si mostrano sempre più sensibili. Ma il ribaltone nella distribuzione della ricchezza in Occidente è, allora, un effetto della globalizzazione? Non proprio, e non del tutto. Secondo gli economisti del Fmi, nonostante che il boom del commercio mondiale eserciti una influenza sulla nuova ripartizione del Pil, l'elemento motore è, piuttosto, il progresso tecnologico. Su questa scia, Luci Ellis e Kathryn Smith, le autrici dello studio della Bri, osservano che il balzo verso l'alto dei profitti inizia a metà degli anni '80, prima che le correnti della globalizzazione acquistino forza. Inoltre, l'aumento della forza lavoro disponibile a livello mondiale interessa anzitutto l'industria manifatturiera, ma, osservano, non è qui - e neanche nei servizi alle imprese, l'altro terreno privilegiato dell'offshoring - che si è verificato il maggior scarto dei profitti. Il meccanismo in funzione, secondo lo studio, è un altro: il progresso tecnologico accelera il ricambio di macchinari, tecniche, organizzazioni, che scavalca sempre più facilmente i lavoratori e le loro competenze, riducendone la forza contrattuale. E' qui, probabilmente, che la legge di Ricardo, a cui faceva riferimento Roach, si è inceppata. Il meccanismo, avvertono Ellis e Smith, è tutt'altro che esaurito e, probabilmente, continuerà ad allargare il divario fra profitti e salari in Occidente. Dunque, è la dura legge dell'economia a giustificare il sacrificio dei lavoratori, davanti alla necessità di consentire al capitale di inseguire un progresso tecnologico mozzafiato? Neanche per idea. La crescita dei profitti, sottolinea lo studio della Bri, "non è stato un passaggio necessario per finanziare investimenti extra". Anzi "gli investimenti sono stati, negli ultimi anni, relativamente scarsi, rispetto ai profitti, in parecchi paesi". In altre parole "l'aumento della quota dei profitti non è stata la ricompensa per un deprezzamento accelerato del capitale, ma una pura redistribuzione di rendite economiche". La lotta di classe, appunto.
Tratto da la Repubblica del 3 maggio 2008

sabato, maggio 03, 2008

Avvocati e stilisti i più ricchi Politici (e Nanni Moretti) i più poveri

Gran parte della lista dei 730 pubblicata da Vincenzo Visco è ancora on-line. Ecco chi guadagna di più

"E' la stampa bellezza e tu non puoi fare niente", diceva Humphrey Bogart nei panni del giornalista idealista Ed Hutchinson nel film "L'ultima minaccia". Più di cinquant'anni dopo (quel film è del '52) internet ha preso il posto della stampa divenendo il luogo, anzi, il "non-luogo" ideale della libera informazione. L'ennesima prova di questa "rivoluzione" mediatica arriva dalla vicenda dei 730 diffusi on-line dall'Agenzia delle entrate. Poche ore di accesso al database che contiene le dichiarazioni dei redditi di tutti gli italiani sono infatti bastate a generare un tam-tam infinito. Quel database - in attesa degli annunciati «chiarimenti» da parte del Garante della privacy - è ufficialmente inaccessibile ma di fatto i dati sono ancora consultabili on-line attraverso qualsiasi programma "peer to peer". Dunque, i guadagni di attori, sportivi e artisti vari, sono ancora a disposizione dei cittadini.E così si è scoperto che Beppe Grillo , il grande moralizzatore del momento, solo nel 2005 ha portato a casa 4 milioni e 200mila euro. Ora, che sia proprio il guru della libertà del web la vittima numero uno dell'intera vicenda è un dato piuttosto ironico. E che sia proprio lui il più indignato per questa fuga di notizie virtuali è un contrappasso in cui i tanti detrattori del comico genovese stanno felicemente sguazzando. Anche perchè, questo cortocircuito, ha generato una vera e propria protesta da parte degli stessi "grillini". Ma come - c'è scritto nella gran parte dei post pubblicati sul blog del comico - il defensor della libertà delle rete ora ne chiede la censura?Ma, Beppe Grillo a parte, scorrendo le liste pubblicate da Vincenzo Visco si scopre soprattutto che l'Italia è il paese ideale, un vero bengodi, per stilisti, attori, presentatori tv e calciatori. Per quanto riguarda la prima categoria, quella degli stilisti, si viene a sapere che Giorgio Armani dichiara quasi 45 milioni di euro, Domenico Dolce e Silvio Gabbana (titolari del marchio Dolce&Gabbana ) circa 30 milioni a testa e Renzo Rosso , fondatore della linea Diesel , 20 milioni e passa. Il più "povero" della categoria è Roberto Cavalli , fondatore dell'omonima "maison, che dichiara un misero milione e mezzo di euro.Poi ci sono gli sportivi, anzi, i calciatori. Il primo della lista, almeno per quel che riguarda i guadagni del 2005, è Cristhian Vieri . Compenso totale: 22 milioni di euro. A ruota, Francesco Totti , 10 milioni; Paolo Maldini e Alex del Piero 9milioni e Gennaro Gattuso 5 milioni. A seguire Simone Inzaghi , Marco Materazzi , Daniele De Rossi e Alessandro Costacurta , tutti intorno ai 2 milioni di euro.Nella lista dei paperoni ci sono anche gli attori o, più in generale, i personaggi dello spettacolo. La coppia più ricca è quella composta da Maurizio Costanzo e Maria De Filippi : 4 milioni e 200mila euro lui, 3 milioni e 900 lei. Segue Paolo Bonolis con 3 milioni e 800mila dichiarati; Roberto Benigni , 3 milioni e mezzo; Claudio Bisio , 2 milioni e 300mila; Simona Ventura , 1 milione e 600mila e Carlo Conti , poco meno di un milione. Qui, la più povera della categoria è Elisabetta Canalis : "solo" 400mila euro dichiarati nel 2005. Un'annata fiacca per l'ex velina di Striscia la notizia .Poi ci sono i giornalisti. Il più ricco è Giuliano Ferrara , quasi 2 milioni di euro dichiarati. Seguono Enrico Mentana e Ferruccio De Bortoli . Il conduttore di Matrix dichiara 1 milione e 200mila euro e il direttore del Sole 24ore , poco più di un milione. A seguire, ma nettamente distanziati: Paolo Mieli , direttore del Corriere della Sera , 689mila euro; Vera Montanari , direttore di Grazia , 600mila euro; Alfonso Signorini , professione "gossipparo", 400mila euro. Il direttore di Repubblica Ezio Mauro , dichiara invece 460mila euro; quello di Libero , Vittorio Feltri , 500mila e Maurizio Belpietro , direttore di Panorama , 600mila.Diverse, molto diverse, le cifre dei grandi avvocati del belPaese. Dalle migliaia di euro si passa infatti ai milioni. Sergio Erede , dello studio legale Bonelli-Erede-Pappalardo, dichiara 11 milioni di Euro; Franzo Grande Stevens , avvocato degli Agnelli (non per nulla era detto "l'avvocato dell'avvocato"), 6 milioni e 800mila euro e Alessandro Pedersoli , dello Sudio Legale Pedersoli e Associati, 3 milioni 200mila euro.Nella lista dei ricchi d'Italia finiscono anche Umberto Eco , 2 milioni di euro, Umberto Veronesi , fondatore dell'Istituto Oncologico Europeo di Milano e neosenatore del Pd, 1 milione e 800mila euro; Andrea Camilleri , 1 milione e 400mila euro e Daria Bignardi , 600mila euro.E in tutto questo si viene a scoprire che i politici, la categoria più disprezzata e vilipesa d'Italia, sono di gran lunga i personaggi pubblici più "poveri". Silvio Berlusconi escluso (28 milioni e passa mila euro guadagnati nel 2005), il reddito medio dei politici nostrani si aggira intorno ai 250mila euro. Non certo bruscolini, anzi. Eppure siamo molto lontani dai 20 milioni di Cristhian Vieri o i 4 milioni di Beppe Grillo. Tra i leader di partito scopriamo dunque che Walter Veltroni , tra i più ricchi in assoluto, ha dichiarato 376mila euro; Massimo D'Alema , 174mila; Francesco Rutelli , 135mila; Gianni Alemanno , neosindaco della capitale, 188mila e Antonio Bassolino 144mila. Tra i più "poveri", almeno per quel che riguarda i guadagni del 2005, troviamo Nanni Moretti . Solo 71mila euro per il regista di Palombella Rossa e fondatore della casa di produzione Sacher Film. Nel frattempo, arriva la notizia della denuncia al viceministro delle finanza Vincenzo Visco da parte del Codacons, «a seguito dell'irrimediabile violazione della legge sulla privacy e delle leggi 241/90 e 15/2005». Tra i più arrabbiati, l'ex comandante della guardia di finanza Roberto Speciale che non ha perso l'occasione per "criticare" l'operato del suo nemico numero uno: «Ormai, come si dice, la frittata è fatta - sostiene il neodeputato della Pdl - Se si volevano avvelenare i pozzi, e questo era il motivo, i pozzi sono stati avvelenati. Questo è un problema grossissimo che adesso passa nelle mani del governo che si insedierà tra poco». E se dipenderà dal nuovo governo, una cosa è certa: le liste dei 730 saranno sigillate per i prossimo 5 anni.
Tratto da Liberazione